parliamo di musica
di Claudio Santoro

Il blues, canto di sofferenza

100% cotone.
Ma di cosa stiamo parlando? Di una maglietta, di una camicia, di un pantalone?
Stiamo parlando di musica!
Gospel, spiritual, rhytm and blues, soul, funky, hip hop,rock and roll, heavy metal, rap, trap sono tutte evoluzioni musicali che hanno nel blues un'unica radice comune segnata dalla sofferenza, dalla discriminazione, dallo sfruttamento dei neri nei campi di lavoro.
La tratta degli schiavi si svolse nei secoli XVI e XVII ed ebbe origine dalla scoperta del Nuovo Mondo, dando il via all'espansione coloniale delle potenze europee (Spagna, Portogallo, Francia, Inghilterra e Olanda) che, oltre al commercio di materie prime (cotone, caffe', tabacco e cacao) si dedicarono al commercio di "materiale umano", ovvero degli schiavi che forzatamente venivano presi nel continente africano per essere trasportati verso le Americhe.
Gli storici ci dicono che il fenomeno interesso' complessivamente 12 milioni di esseri umani, di cui una cifra fra i 2 e i 4 milioni mori' durante il disumano trasporto per nave.
Oltre ad evidenti ragioni economiche il fenomeno godette anche di "imprimatur" da parte delle gerarchie ecclesiastiche cristiane che non solo tollerarono, ma fornirono una patente di ammissibilita' al commercio, in nome della conversione di nuovi adepti al cristianesimo.
Dal punto di vista musicale tutto ha inizio nel diciannovesimo secolo, quando negli Stadi del Sud degli USA si diffondono i canti di lavoro che gli afroamericani eseguono per cercare di alleggerire la pena delle lunghe giornate lavorative nei campi di cotone. Le origini non sono chiare e molte cose vengono tramandate oralmente. Una cosa le accomuna: la tristezza da cui deriva il nome "blues". Ancor oggi un anglosassone per definire un momento di malinconia o di nostalgia utilizza la frase "I'm blue".
I canti spesso nascono con la forma di un solista che lancia la melodia e del gruppo che risponde in coro, tipico dei canti lavorativi di tutto il mondo (in Italia, ad esempio, quelli delle mondine nelle risaie).
Con la contaminazione urbana dei neri che, insieme a bianchi derelitti, formano l'esercito degli hobos (i senza fissa dimora che girano in modo avventuroso sui treni che solcano gli USA e di cui ci fornira' stupendi racconti Jack London), il blues inizia ad avere una sua ben definita struttura musicale, con le classiche 12 battute e i giri di accordi basici che vengono man mano innovati e che troveranno poi nuova linfa vitale nel rock and roll dei primi anni '50.
I bluesmen iniziano a diffondersi e alla chitarra affiancano armonica a bocca e kazoo che sono la strumentazione che consente loro di potersi esibire, molto spesso in strada nel corso di feste oppure in locali non sempre di buona fama.
Muddy Waters, B.B. King, John Lee Hooker, Ray Charles, Etta James, Billie Hollyday sono alcuni nomi che evocano il blues e, guarda caso, sono tutte persone di colore. Poi il Regno Unito, con il British Blues e con esponenti del calibro di John Mayall e Alexis Corner danno un notevole impulso al diffondersi di questa musica. In Italia ritengo che una citazione sia doverosa per Fabio Treves e la sua band.
Il DNA di sofferenza, di discriminazione, di tristezza permane nelle canzoni blues, con scoppi di allegria a volte alimentati da uso di alcol e sostanze e il blues ancor oggi rimane il distintivo per persone che vogliono vivere fuori dalle regole, dalla vita comune e borghese, alla ricerca di una liberta' di espressione e di vita che forse reca nella ferita mai cicatrizzata dello schiavismo la sua radice piu' profonda e subliminale.

Claudio Santoro (Lecco)
 

ascolta in sottofondo
Muddy Waters - Hoochie Coochie Man