LA CHIESETTA DEL TELVA (FELTRE) E L'ASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINI IN SIMBIOSI CON PIAZZASCALA.IT
di Arnaldo De Porti

Un medico, e credo di non invadere la privacy citando il suo nome, il dott. Nicola Aguanno, psichiatra, mi ha fatto vedere una rivista dell'ANA, Associazione Nazionale Alpini, Sezione di Feltre, precisamente la n. 3 di settembre 2021. In un pezzo storico interessantissimo e documentato da Vania Lirussi, si parla di un Eremo sito sul Monte Telva, che mi ha letteralmente "rapito" dal punto di vista storico.
A questo proposito vorrei dire che, proprio qualche mese fa,  per una sorta di contestualizzazione temporale che io definirei di natura giornalisticamente telepatica, e cio' per penna del sottoscritto e di Alfredo Izeta, esponenti del giornale on line Piazza Scala, sia stato trattato lo stesso argomento, corredandolo da moltissime e bellissime foto
(clicca qui per visualizzare la pagina, con sonoro e foto). Come dire che, ringraziando il periodico degli Alpini, il suddetto pezzo di Vania Lirussi viene ad integrare oggi le scarne conoscenze gia' in possesso di Piazza Scala, organo della ex Banca Commerciale Italiana, con Direzione Centrale appunto in Piazza della Scala, Milano, accanto al famoso teatro, da cui prende il nome la testata.
Vorrei aggiungere che un tale tipo di storia, raccontata dall'ANA e da PIAZZA SCALA, realta' che certamente riguarda anche tanti altri siti, io l'ho battezzata tout court "Storia a km 0", in quanto l'abbiamo sotto casa e nessuno, o pochi, ne parlano.
Incomincia cosi'  l'articolo sul periodico degli Alpini, a titolo "Quando Zermen era detto Germino":

 
QUANDO ZERMEN ERA DETTO GERMINO
Vari itinerari di visita mettono in luce le bellezze di Feltre, fino a raggiungere i punti della citta' ove anticamente sorgevano dei conventi, alcuni soppressi. Tranne uno: e' un po' discosto, a qualche chilometro
dalla citta'. Ne parla nel suo libro "I conventi di Feltre" lo storico don Antonio Vecellio. Egli narra di un eremo sorto nel XVI secolo poco distante da Germino (Zermen), edificato con il contributo del clero e dei laici feltrini su uno dei contrafforti del monte Telva. Il buon clima della localita' aveva indotto i Padri dell'Ordine dei Servi di Maria di Venezia a scegliere il luogo come soggiorno per i confratelli cagionevoli di salute. Di piccole dimensioni, ne accoglieva sei o sette, che potevano usufruire di "fertili orti... limpide sorgenti", fino agli inizi dell'ottocento. L'ultimo ospite dell'eremo fu un certo Giovanni Cima. In un eremo non poteva certo mancare una chiesa, ci sara' ancora? E dove? Bisogna osservare con attenzione per scoprirla, incassata tra altre abitazioni, addossata a quelle case ora private che un tempo furono l'eremo dei Serviti.
Percorrendo la via che da Zermen conduce al Telva si scorge ad un tratto sulla destra una modesta facciata, che si incunea tra le abitazioni, con l'ingresso affiancato da un'acquasantiera, sormontato da una finestrella con inferriata. Il piccolo campanile a vela sul limite perimetrale, con una campanella e una croce, conferma la presenza della chiesa. E' intitolata all'Annunciazione della Santissima Vergine. Con la facciata volta verso occidente, secondo il modello delle chiese piu' antiche, ha una struttura semplice a una sola navata All'interno, sulla parete dell'altare maggiore, un affresco del 1514 raffigura la Madonna in trono con Bambino, completano il dipinto due angeli e due religiosi in preghiera. Altri due angeli sono di fianco all'altare. Nelle nicchie sono presenti le statue di San Rocco e San Sebastiano. Presso gli altari laterali si trovano la Deposizione di Cristo e la Nativita' di Maria. Indicata spesso nelle mappe e nella carta geografica dell'Istituto Geografico Militare come chiesa di San Rocco, era frequentata dai devoti zerminesi e dei dintorni nella solennita' dell'Annunziata. Guarda la citta' e la vallata: aggirando uno degli edifici contigui si scopre che la chiesetta si estende ben oltre le abitazioni, rivelandosi piu' grande di quanto ci si potrebbe aspettare, si prolunga con l'abside rivolta ad oriente, prospiciente un praticello che diventa una finestra spalancata sulla conca feltrina e sulle Vette. Da questo lato un'altra porta, sormontata da finestra semicircolare, interrompe la sobria parete dell'oratorio. Il Vecellio nel libro "Un giorno a Feltre e due nel suo territorio", lo definisce santuario dell'Annunziata e ne parla come di un poetico eremo, che "Gode di largo e superbo orizzonte, dalla piramide del Tomatico all'Aurino. all'Avena, alle vette di Lamen e d'Arson; e il Pizzocco, il Borea, il Peron, i l Talvena, il Serva, la Dolata, la Dignona, le prime coste del monte Cavallo."
Tradizione vuole che qui abbia soggiornato piu' volte anche il veneziano Fra Paolo Sarpi noto per la sua Istoria del Concilio Tridentino, opera scritta in chiave antiromana e messa all'indice. Definito in alcune biografie come "gracile e malaticcio", ma con un'inestinguibile sete di sapere, visse tra il 1552 e il 1623, fu teologo, storico e scienziato, collaboratore di Galileo. Difese la Repubblica di Venezia dalle intromissioni papali tanto da subire un attentato forse voluto dalla Curia romana. Fu amico del vescovo di Belluno Alvise Lollino, ma la corrispondenza epistolare tra i due si fermo' proprio col manifestarsi di questa sua posizione antipapale. Del resto da Roma venne lanciato l'interdetto su tutto il territorio della Repubblica Veneta e nel 1606 arrivo' la scomunica papale. L'anno successivo tra Chiesa di Roma e Repubblica Veneta si giunse ad un accordo. Secondo lo storico Vecellio iI Sarpi non trovo' grande accoglienza a Feltre e cita una dissertazione sui suoi errori pronunciata nella chiesa di S. Maria del Prato dal Padre Predicatore Benedetto Bovio. Quest'ultimo, feltrino di origine, chiamato Giacomo prima di entrare nell'Ordine dei Domenicani, vissuto nel convento di San Nicolo' a Treviso e poi nominato Padre provinciale di Venezia, era oratore esperto, di
grande cultura, tanto che i feltrini stessi nel 1618 avevano sostenuto la sua candidatura alla cattedra di metafisica nell'Universita' di Padova. Ebbe vari incarichi ed anche la cattedra di teologia presso la stessa Universita' fino alla morte avvenuta nel 1631.
Se nel feltrino i Servi di Maria avevano solo una piccola residenza, a Belluno avevano fondato un convento, voluto nel 1463 dal servita Giovanni Battista Pellati, e vi rimasero fino al 1806, anno della soppressione napoleonica. Erano noti nel Bellunese per aver diffuso il culto della Madonna Addolorata, ma si trovano scarse notizie circa la chiesa e il convento di Santo Stefano.
Certo e' che l'eremo di Germino, nella tranquillita' e nell'armonia dell'ambiente , poteva costituire il posto adatto ove ritirarsi per ritemprare le forze, dedicarsi alla preghiera e alla meditazione, nonche' allo studio e alla scrittura. Oggi come allora il Telva affascina e non e' raro incontrare nei suoi suggestivi boschi, tra i castagni secolari, appassionati di nordic walking, runners e semplici camminatori. E chissa', magari riescono a immortalare con repentino scatto fotografico le rare orchidee che sbocciano in primavera!
Vania Lirussi

Il  contenuto dell'articolo fa riflettere a fondo sulla storia di questa nostra realta' feltrina in continuo itinere e che, per certi versi, potrebbe anche esimerci di andar a scovare la storia altrove, a chilometri e chilometri di distanza, magari anche all'estero, avendo tante cose da vedere e commentare anche "sotto casa", seppur molte realta' siano state trascurate per motivazioni varie riconducibili, e non poco, alla sindacabile intelligenza operativa delle varie amministrazioni che si sono succedute, le quali, da sempre, hanno privilegiato i centri trascurando i sobborghi di una citta' che respira ancora aria storica della serenissima Venezia. Un esempio per tutti, e qui il Covid non c'entra affatto, e' rappresentato dalla "moria" di un paese, forse il piu' antico ed importante della citta', nel quale insiste proprio il Monte Telva con il suo famoso Eremo, paese ormai privato di tutto, in primis di un centro su cui socializzare come una volta...
Ricordo che non tanti anni fa il paese si riempiva durante le vacanze ad opera di persone che provenivano anche dall'estero, soprattutto da parte di emigrati che lavoravano in Svizzera e Germania, ma anche da veneziani, trevigiani, padovani ecc. che venivano a passare le vacanze costi', gratificati da una realta' geografica che offriva molto in termini di salute, di ospitalita', di passeggiate e di panorami. Esattamente come avevano ben capito secoli fa i... frati che abitavano in detto Eremo.
Per anni, in questo posto, e mi spiace molto dirlo, e' regnata purtroppo la cultura del "piangersi addosso" malgrado il feltrino possedesse, e tuttora possieda, ricchezze tali che, se capite e valutate da persone capaci, potrebbero trasformare il territorio in una realta' invidiabile.
Mi piacerebbe tanto, ma questa e' un'amara personale presunzione, che il Monte Telva, ma anche il Paese di Zermen che sono un tutt'uno frazionale con il Telva, potessero venir rivalutati da persone che, invece di badare sempre e solo al loro tornaconto partitico, decidessero di capire che la bellezza di un luogo e la sua cultura non hanno colore politico, ma appartengono a tutti. Altrimenti, come sta accadendo ora, e non solo per il Telva e Zermen, dovremmo tutti piombare in quella profonda amarezza, gia' insita nella mia predetta prezunzione.

Arnaldo De Porti

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