UN MEMENTO HOMO CHE SI RIPETE OGNI 2 NOVEMBRE
di Arnaldo De Porti

Gran parte del pianeta pratica il culto dei defunti, se vuoi con modalita' rituali diverse a seconda delle religioni, ed e' giusto che sia cosi'. In questi giorni ha avuto luogo infatti la commemorazione di chi non c'e' piu' e ciascuno di noi, potendo, avra' portato un fiore ai propri casi.
Nelle grandi citta' forse, ma questa e' una mia impressione personale, non e' sempre facile accedere ai cimiteri, vuoi per la ressa ma anche per le difficolta' di recarsi in determinati luoghi: spostarsi nelle metropoli infatti oggi e' problematico rispetto alle piccole realta' nelle quali pure io risiedo, in provincia di Belluno.
Il senso della commemorazione tuttavia e' uguale in ogni angolo della terra anche se, ma ripeto, si tratta di una sensazione personale, mi par di poter dire che nei piccoli centri il rito della commemorazione dei Defunti assume una connotazione diversa quanto a semplicita', modalita' di celebrazione, partecipazione e quant'altro: un semplice tavolino sistemato fra le tombe all'ultimo momento per poter appoggiare un calice ed un Messale e improvvisare una altrettanto semplice omelia da parte del Parroco, come e' successo ieri a Zermen di Feltre, paese nel quale, ed avrei pochi dubbi nell'affermarlo, tutti si conoscono e si... conoscevano prima di passare ad altra vita. Mi ha fatto specie l'omelia tenuta da Mons. Lino Mottes, oltre 91 anni, il quale ha paragonato il cimitero ad una sorta di...biblioteca e, mi spiego subito in appresso, trascrivendo pari pari un pezzo preparato, immediatamente dopo la commemorazione, per il giornaletto parrocchiale del paese. Eccolo, con foto in calce:

Commemorazione di tutti i fedeli Defunti 2021 - Zermen di Feltre
La provvidenza, insperabilmente, oggi ci ha regalato una giornata di sole dopo il maltempo dei giorni scorsi, quasi a segnalarci che la luce insita in questa giornata, deve rappresentare il cammino che rischiara e guida la nostra esistenza.
All'insegna di questo, il nostro Parroco, don Lino, durante l'omelia tenuta presso il cimitero di Zermen (di cui a foto sotto riportate), alla presenza di molta gente venuta anche da fuori Parrocchia, ha esordito dicendo che il cimitero puo' considerarsi una sorta di biblioteca da cui, attraverso l'esperienza di vita vissuta da parte di coloro che oggi vengono ricordati, si puo' imparare, capire e sviluppare le problematiche connesse con la vita che, noi qui presenti, stiamo affrontando, tanto da poter affermare che in ogni tomba viene racchiusa una storia, dagli aspetti piu' disparati. Non esiste civilta', ha detto don Lino, che non abbia venerazione per i defunti in generale, realta' presente in quasi tutte le religioni, costituendo essa il fondamento della religione stessa: insomma, il culto dei morti, sia pur attraverso modalita' diverse a seconda delle varie realta' geografiche, viene osservato ovunque.
Come gia' detto, si e' trattato di una cerimonia semplice ma molto partecipata, come si e' osservato dal serio ed attento comportamento dei presenti, reso ancor piu' suggestivo da un silenzio "surreale" che pareva dar molto spazio alla meditazione da parte di tutti, pensando alla bellezza della vita, ma anche alla caducita' delle cose terrene, nella consapevolezza cristiana di ricongiungerci con i nostri cari.


Al di la' dei riti che si celebrano in tutto il mondo emerge sempre il dilemma sull'Aldila'. C'e' chi, sorretto da una grande fede cristiana, ha la certezze che dopo la morte ci sia il ricongiungimento in cielo con chi ci ha preceduto, altri invece ritengono che detta congiunzione si leghi al ricordo che si lascia su questa terra e quelli che ancora rimangono, e cio' in maniera direttamente proporzionale in relazione alla qualita' di vita vissuta. Personalmente, e lo dico con molta onesta' intellettuale, scorro spesso attraverso queste due opzioni e, sovente, mi lascio trascinare dal concetto secondo il quale, l'unico sistema per sentirsi ancorati su questa terra anche dopo la morte, sia costituito dall'aver seminato bene per le nuove generazioni, magari anche lasciando ai posteri qualche memoria scritta. Proprio per questo, al riguardo, tempo fa mi sono "consegnato" alla stesura di un libro autobiografico a titolo: "La penna, uno strumento per non morire mai..."
Arnaldo De Porti

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