Il mondo Comit in una citta'  fantastica
un libro di Umberto Di Donato
 

Il salvataggio degli "Ori di Taranto"
 

Un ricordo particolare merita una vicenda che coinvolse la Banca nel salvataggio di una enorme ricchezza costituita da antichi gioielli di origine ellenistica, appartenente alla collezione del Museo Archeologico Nazionale di Taranto costituito nel 1887. E' questo un importante centro museale che espone, tra l'altro una delle piu' importanti collezioni di manufatti dell'
epoca della Magna Grecia, tra cui i famosi Ori di Taranto, preziosi monili d'oro e pietre preziose di epoca greco/romana.
Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale nacque la necessita' per tutti i sovrintendenti italiani di trovare un luogo sicuro dove custodire i pezzi piu' importanti delle proprie collezioni, al riparo dai saccheggi e dai trafugamenti da parte di nemici o anche finti alleati. Si sa dalla storia che le guerre scatenano forte voglia di accaparramento non solo di beni alimentari ma anche beni artistici e archeologici che prendono vie non proprio legali, di difficile ritrovamento a guerra finita.
Era risaputo che la Banca Commerciale Italiana nel proprio Centro Contabile di Parma possedeva un capiente e sicuro caveau, usato in alcuni casi anche come rifugio antiaereo dagli stessi dipendenti.
Questa storia mi fu raccontata da un collega che aveva lavorato per alcuni anni presso la nostra Succursale di Taranto.
All'inizio del 1943 la guerra diventava sempre piu' cruenta e nulla lasciava prevedere una rapida e favorevole conclusione per la nostra bandiera. Truppe tedesche erano diffuse su tutto il territorio, non sempre in veste di alleate, anzi possiamo dire in forma di occupazione perche' mancava la fiducia nel comportamento del capo supremo del nostro esercito. Era anche risaputo che molti dirigenti della Comit manifestavano insofferenza verso il Fascismo e il Nazismo che, con la loro voglia espansionistica, stavano portando alla devastazione la nostra bella Europa, li conservatore del Museo di Taranto, conscio dell'imponente valore del tesoro, chiese al Ministero dell'Educazione Nazionale, sezione belle arti, quale fosse la sede piu' idonea a salvaguardare i preziosi della sua inestimabile collezione. Furono suggerite le camere blindate dei sotterranei della Comit di Parma, capaci di resistere anche a bombardamenti aerei e l'allora Ministro Giuseppe Bottai autorizzo' il trasferimento.
Cosi' un giovane funzionario Valerio Cianfarani, della Sovrintendenza di Taranto, ai primi di febbraio del 1943 giunse con il treno a Parma e deposito', a proprio nome due casse di legno adeguatamente sigillate, in uno degli armadi blindati del forziere del Centro Parma.
Gli "Ori di Taranto", cosi' vennero poi semplicemente chiamati, erano costituiti da 222 oggetti preziosi: orecchini, collane, anelli, diademi, ciondoli, del III e IV Secolo a.C., provenienti dagli scavi della "tomba degli ori" di Canosa di Puglia e dallo stesso Museo Archeologico Nazionale di Taranto.
Tutto era stato messo al sicuro, ma gli appetiti tendenti ad impossessarsi delle cassette ben presto si scatenarono, in particolare dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, patto che sanziono' l'alleanza dell'Italia con le Forze Anglo-americane e l'uscita dal patto d'acciaio con la Germania. Improvvisamente ci trovammo sotto occupazione delle truppe germaniche che iniziarono un graduale ripiegamento verso il Nord, rastrellando e caricando tutto quanto di importante trovavano nel loro cammino.
L'Italia si spacco' in due: il Regno del Sud e la Repubblica di Salo' al Nord, ancora legata al Terzo Reich Tedesco. Era divisa, in un primo momento dalla Linea Gustav in Campania (tra il fiume Garigliano e il Volturno) e alla fine del 1944 dalla linea Gotica, idealmente situata in Toscana, tra Massa Carrara (sul Tirreno) e Rimini (sull'Adriatico). A questo punto la Repubblica di Salo' tento' di impossessarsi delle due cassette depositate a Parma. Paventando la possibilita' di smarrimento o trafugamento delle cassette il Ministero dell'Educazione della Repubblica Sociale insisteva per ottenere la consegna del tesoro.
I Dirigenti della Filiale di Parma, esperti in casi analoghi riguardanti il comportamento di fronte a richieste irregolari da parte di persone non idonee allo sblocco di plichi in custodia, guadagnarono tempo e, trattandosi di richiesta pervenuta da un Organo dello Stato, chiesero lumi alla superiore Direzione Centrale di Milano.
Si occuparono del caso personalmente gli amministratori delegati Corrado Franzi e Antonio Rossi e, ancora per guadagnare tempo perche' i recenti eventi bellici lasciavano prevedere una imminente risoluzione del conflitto, determinarono che il deposito era stato effettuato a nome personale dell'Ispettore Valerio Cianfarani e quindi solo questi poteva disporne il prelievo.
Ma il Cianfarani aveva lasciato da tempo la Sovrintendenza di Taranto ed era stato destinato ad altri incarichi.
Arrivammo alla primavera del 1945 con la Germania disfatta e sull'orlo di una resa imminente che venne firmata il 7 maggio.
Dopo vari contatti ad altissimo livello tra la Sovrintendenza ai beni culturali di Roma e la Direzione centrale della Comit di Milano, il Cianfarani fu rintracciato e il giorno 18 luglio 1945 personalmente, su invito del Ministro della Pubblica Istruzione, si reco' a Parma per ritirare le cassette.
Il viaggio di andata da Roma a Bologna fu abbastanza agevole in aereo ma il rientro con le casse fu a dir poco rocambolesco. Tutto fini' bene e il giorno dopo il Tesoro di Taranto era in mani sicure e definitive del Ministero di Roma che sino al 1949 lo fece custodire dal Museo Nazionale Romano alle Terme di Diocleziano e nel 1946 fu anche esposto a Palazzo Venezia.
Oggi sono visitabili nel loro posto naturale, nella sala degli Ori del Museo Nazionale Archeologico di Taranto.
 

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