parliamo di musica
di Claudio Santoro
RAP: ritmo e poesia
E'
storicamente accertato che il
rock and roll,
nato nella prima meta' degli anni '50 del secolo scorso sia un
innesto del blues,
ovvero dell'espressione dei canti di lavoro dei neri importati
dall'Africa e schiavizzati per raccogliere il cotone nelle
piantagioni degli stati meridionali degli USA.
I generi poi evolvono, si fondono, si contaminano in un crogiuolo di
cambiamenti e innovazioni continue:
rhytm and blues, soul, rock
nelle sue svariate forme (heavy
metal, hard rock, pop rock, rock latino, techno rock, punk, ecc.ecc.).
Etichettare un pezzo musicale a volte non e' cosi' semplice (oltre
che inutile), tali e tante le sfumature da cogliere e definire.
Dalla seconda meta' degli anni '70 entra in scena un nuovo genere
musicale, sicuramente di rottura rispetto ai canoni dei precedenti.
Ha la sua incubazione nelle comunita' afro ed ispaniche delle
periferie e dei quartieri ghetto delle metropoli americane, in
particolare New York, dove il
meltin' pot
di culture, etnie, lingue e stili di vita e' quanto mai evidente e
diffuso.
Negli slums
periferici nasce l'espressione "rhytm and poetry" (ritmo e poesia)
che nell'acronimo rap
trova la sua sintesi. All'inizio si tratta di forme espressive tra
il parlato e il cantato che, seguendo un suo flow (scorrere), narra
di disagi e di situazioni difficili, la cui location e' in quartieri
problematici e ad alto tasso di criminalita'.
Il tappeto musicale, un po' come il
punk,
e' molto basico e scarno, con basi preregistrate e campionature
(pezzi tratti da altri brani musicali) ripetitive, dove si
inseriscono le rime dei cantanti che spesso non hanno bisogno di
doti vocali sopraffine, ma di senso del ritmo e di velocita' di
espressione.
I temi trattati sono sociali, riguardano direttamente la vita del
rapper, le sue criticita' sociali e sentimentali. Il tutto
accompagnato da un abbigliamento povero e volutamente trasandato.
Non mancano i riferimenti all'uso di droghe, alcool e situazioni "on
the border", quali gangs urbane, violenza, uso di armi da fuoco.
Il fenomeno rap presto dilaga a livello mondiale, con nuovi
protagonisti che tentano di narrare le loro esperienze nel
territorio dove vivono.
Lo "showbiz" s'impadronisce ben presto del fenomeno e molti rapper
si trovano in breve ricchi sfondati, ma questo fa parte del gioco.
Altri, coinvolti fino all'estremo nel loro stile di vita, rimangono
uccisi da droghe o sparati in conflitti a fuoco.
Il rap,
a sua volta, declina ed evolve in altre forme espressive, quali
hip hop
e trap.
Che dire?
Il genere ha una certa presa sulle giovani generazioni che, come
quelle degli anni '50 con il
rock and roll
e degli anni '60 con il beat
cercavano spunti di rottura con il passato, trovano espressione dei
loro disagi nel rap.
La trasgressione e' benefica fino a quando rimane nei limiti di
abbigliamento, taglio dei capelli e altre innocue forme; diventa
tragica quando s'imboccano i sentieri delle dipendenze o quando il
linguaggio violento diventa violenza nei confronti di chi ti
circonda, in particolare delle donne, considerata la vena misogina
che contraddistingue il rap.
A livello musicale, a mio avviso, dimostra un livello qualitativo e
tecnico modesto che cerca di riscattarsi con la qualita' dei testi,
spesso ridondanti ed esasperati.
Quale sara' il futuro del rap?
E' difficile a dirsi, anche se, prima o poi, qualche nuovo genere
apparira' all'orizzonte e taccera' di vecchio e "antico" il rapper.
Staremo a vedere.
Claudio Santoro (Lecco)
ascolta in sottofondo
Eminem -
Lose Yourself