LE ULTIME SONATE DI BEETHOVEN
da Incontri Musicali di Giuseppe Bardone (Milano 1998)

Intervista sulle sette note resa da Cecilia Ferreri

Incomprese al loro apparire per il carattere introspettivo e le difficolta' di linguaggio, per molti versi anticipatore del futuro cammino del discorso musicale, le ultime sonate di Beethoven hanno nel tempo costituito un banco di prova per i grandi interpreti della tastiera.
A Cecilia Ferreri, figlia del nostro collega Cesare, diplomata in pianoforte con il massimo dei voti al Conservatorio di Piacenza ed allieva del noto concertista Vincenzo Balzani, abbiamo chiesto di illustrarci il significato delle ultime sonate beethoveniane, una delle quali e' stata eseguita dalla giovane pianista nel salone del nostro Circolo il 25 gennaio scorso.
Quali caratteristiche presentano le ultime sonate beethoveniane?
Da una analisi complessiva delle ultime cinque sonate si puo' dire che la caratteristica piu' evidente di tali brani consiste in un discorso musicale piu' "intimistico" e "puro", diverso dall'impetuosita' dell' Appassionata o dal virtuosismo della Waldstein, non per questo meno intenso musicalmente. Ritengo che la massima difficolta' consista senza dubbio nella loro interpretazione che e' il fondamento per eseguire (non parlo naturalmente di me) temi semplici, "ingenui", come quelli delle opere 109,110 e 111. Liszt ha definito l'ultimo Beethoven "le dieu", ritengo che le ultime sonate facciano parte di un "mondo a se'", ben distinto, dove il compositore tedesco introduce pratiche compositive come la variazione e la fuga.
Che differenze ci sono tra le prime e le ultime sonate ?
Nei primi lavori predomina il piacere dell'esecuzione, poi una tendenza alla struttura, infine al gusto sinfonico. Nell'ultimo periodo Beethoven richiama l'attenzione su tutte le forme: l'orchestrale, la variazione e la fuga. Il sinfonismo appare chiaramente nella op. 106, la celebre Hammerklavier, che per la sua grandiosita' fa venire in mente un'orchestra, tanto che pare di ascoltare non uno strumento solo ma una formazione cameristica; oltre che maestosa l'op. 106 e' ricca di eventi sonori avveniristici per qualita' di timbro, armonia e polifonia. Variazioni si trovano nella op. 109 e nella op. Ili (Arietta con variazioni).
L'estetica musicale classica e quella romantica hanno certamente avueto una loro influenza nella formulazione delle ultime sonate di ad stiamo discorrendo. In che cosa consiste a suo avviso tale influenza?
Penso che le ultime sonate siano le piu' ricche armonicamente, rileviamo l'introduzione di "dissonanze" e di molte modulazioni. Anche nelle scelte formali (posso citare ad esempio l'op. 110 dove nell'Adagio sono previsti moltissimi cambiamenti di tempo che sarebbero stati inconcepibili in una sonata classica) Beethoven risente della lezione romantica che consiste nella descrizione dei tempi delle sonate quali " Arioso dolente" o "A poco a poco di nuovo vivente" della op. 110; queste sono indicazioni romantiche, qualcosa di sentito dall'interno, veti stati d'animo del movimento romantico. L'adozione di pratiche compositive come le variazioni nell'op. 109 e 111 e la fuga nella op. 106 e la asciuttezza ed incisivita' di linguaggio portano lontano dalla tradizione sonatistica.
Recentemente e' uscito un volume del prof. Piero Pattalino intitolato "Da Clementi a Pollini. Duecento anni con i grandi pianisti", disponibile anche nella biblioteca del nostro Circolo. Sicuramente lei lo conosce: puo' dirci che cosa ne pensa ?
L' ho letto in tre giorni e l'ho trovato molto interessante perche', mentre noi siamo abituati a considerare i grandi pianisti come dei "mostri sacri", il prof. Rattalino ne dice chiaramente pregi e difetti lodandoli, quando e' necessario, e mettendone a nudo le carenze. L'autore esamina a fondo il tocco e l'interpretazione dei pianisti oltre che la tecnica, naturalmente.
Quali interpreti contemporanei puo' consigliarci sul piano discografico?
A me piace moltissimo Maurizio Pollini perche' si attiene scrupolosamente alle pagine scritte, senza per questo essere pedante, anzi raggiungendo una grande ricchezza di colori, di sonorita' e molti timbri Sotto il profilo espressivo il Beethoven di Pollini e' sul trattenuto, anche perche' le ultime opere del compositore tedesco non si prestano molto ad una ridondanza espressiva, senza avere per questo una sonorita' dura o "secca" ma una molto incisiva e "pastosa". Degli altri interpreti conosco Guida, che si attiene alla tradizione classica e Ashkenazy di cui ho ascoltato l'op. 106; il modo si suonare di Ashkenazy presenta differenze sottili rispetto a quello di Pollini. Preferisco decisamente quest'ultimo come interprete di tali sonate.
 
Giuseppe Bardone

ascolta in sottofondo
Yuja Wang - Piano Sonata No. 29, Hammerklavier - Beethoven

 


 

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