Una passione per il cinema. I Toeplitz e la Banca Commerciale Italiana

sesta puntata

Concluse le ostilita', Ludovico si reco', quale legionario, a Fiume, al seguito di Gabriele D'Annunzio. Fu ministro degli esteri della Reggenza Italiana del Carnaro; pare abbia contribuito al clamoroso riconoscimento diplomatico dell'Unione Sovietica.
Finita, con il "Natale di sangue", la vicenda fiumana, Toeplitz Jr. torno' a Genova come direttore generale della Terni . Continuava tuttavia a coltivare le sue passioni: il giornalismo, il teatro, la scrittura.
Nel 1930 avvenne la svolta della sua vita. La Banca Commerciale lo invio' a Roma per controllare la CINES, nella quale erano stati effettuati, nel tempo, cospicui investimenti. Ludovico lascio' la Terni
(72) per occuparsi dell'industria cinematografica.
L'inserimento del figlio di Toeplitz nell'impresa fu una scelta obbligata, nel tentativo - poi rivelatosi vano - di tutelare in qualche modo le ragioni dell'Istituto, impegnato in maniera eccessiva nella contropartita, guidata da anni da Stefano Pittaluga. Nell'aprile 1931, subito dopo la morte di Pittaluga, per espressa volonta' del padre, ebbe l'incarico di direttore generale della societa', mentre lo scrittore Emilio Cecchi ne divenne direttore di produzione, apportando una ventata di grandi novita' nella stesura delle sceneggiature.
Per tutelare maggiormente gli interessi della Banca, dopo un anno di interregno con la presidenza di un uomo di Piazza Scala, Guido Pedrazzini, Ludovico ricopri' dal giugno 1932 il ruolo di amministratore delegato con Vittorio Artom; rimase a Roma a seguire la produzione, sempre affiancato da Cecchi come direttore, mentre Artom ando' a Torino a dirigere la distribuzione e il noleggio. Tra i principali collaboratori della CINES dell'epoca si ricorda Mario Soldati, una figura di intellettuale che mosse i primi passi in quel mondo artistico proprio grazie alla fiducia che gli concessero Artom e Ludovico Toeplitz
(73) .
L'invio di Ludovico a Roma testimoniava, assieme alle finalita' "conservative" del credito, anche la curiosita' culturale di Giuseppe Toeplitz verso il cinema, Secondo l'autore de "Il banchiere", nel 1928-29, allorche' la Comit controllava l'80% del capitale della Cines Pittaluga (100 milioni di lire), la societa' era scoperta inoltre in conto per altri quaranta milioni. L'amministratore della Comit non sembrava turbato da cio' piu' di tanto. Infatti, "papa', con la sua consueta volonta' di andare a fondo dei problemi, (era) attratto dalla sua complessita'. Gli pareva un appassionante gioco, il cui fattore imponderabile del problema artistico e della reazione del pubblico erano intimamente connessi con quello finanziario"
(74).
La CINES era forse la piu' gloriosa sigla cinematografica italiana che, dopo i successi dei primi del secolo, aveva chiuso, per una prima volta, i battenti nel 1921. Occorre ricordare che, per quasi un ventennio, l'attivita' filmica nazionale aveva occupato un posto di rilievo, anche a livello mondiale. Lo scoppio della guerra mondiale aveva determinato pero' una grave crisi del comparto. L'aumento dei costi, dovuto all'avvento dei lungometraggi, favori' l'affermazione di un nuovo modello di impresa, esemplificato dagli Studios hollywoodiani, basato sull'integrazione verticale con il controllo dell'intera filiera, dalla produzione alla distribuzione, fino all'esercizio delle sale cinematografiche.
L'infatuazione del pubblico per il vincente e ricco mondo americano favoriva le pellicole d'oltre oceano (i divi stranieri divennero molto conosciuti in Italia), affossando ancor piu' la piu' debole produzione nazionale. Nel 1919 le principali case domestiche tentarono di frenare la crescente penetrazione estera attraverso la costituzione di un consorzio, l'Unione Cinematografica Italiana
(75), col sostegno determinante della Banca Commerciale Italiana, della Banca Italiana di Sconto e del Credito delle Venezie.
Un ruolo primario in quel tentativo di rilancio dell'industria cinematografica nazionale lo svolse Giuseppe Toeplitz, "appassionato sostenitore di tutte le novita' tecnologiche dell'epoca, sia nel campo industriale sia nelle comunicazioni e nei trasporti
(76)". All'Unione partecipavano la CINES e altri nomi di rilievo del settore (77) .
Anche per l'arretratezza tecnologica e gestionale delle aderenti, l'iniziativa non diede pero' i frutti sperati e non riusci' a contrastare la marcia trionfale delle majors che, conquistato il favore popolare, aprirono filiali dirette nella penisola.
Nonostante cio', si deve rilevare che "nel decennio che va dalla fine della prima guerra mondiale al 1930 - cioe' quando si nota una ripresa in concomitanza con l'avvento del sonoro - furono prodotti in Italia ben 1750 film
(78)". Puo' cosi' comprendersi come una banca della caratura della Comit e un banchiere sempre all'avanguardia, come Toeplitz, non avessero ritirato completamente la loro fiducia, sostenendo in piu' occasioni i tentativi di rilancio del comparto, seppur con risultati largamente inferiori alle aspettative.
Nei documenti della segreteria Toeplitz si rileva un documento, risalente al 1924, nel quale Angelo Piperno, il revisore contabile della Banca, evidenziava il gravoso impegno della Comit, rimasta ormai da sola a finanziare il trust, dopo la scomparsa della Banca Italiana di Sconto. Gli sforzi effettuati per rientrare dell'investimento non sorti' esito positivo
(79). Nell'aprile del 1925 Piazza Scala si trovo' ad essere proprietaria di 4.301.567 azioni su 556.667, per 91.468.889 lire. All'investimento patrimoniale vanno aggiunti i crediti verso l'Unione, pervenuti al 31 maggio 1926 a 65.008.774 lire (80).
La Comit fu costretta, piu' avanti, a cedere l'intero pacchetto azionario dell'UCI a Stefano Pittaluga, un uomo di mestiere che si apprestava a diventare l'autentico dominus del settore. Nacque cosi' uno stretto rapporto tra Pittaluga e la Banca, che ottenne di fare entrare i suoi fiduciari nel Consiglio di Amministrazione della CINES e ne divenne la maggiore azionista
(81) .
Gli ambiziosi progetti della Pittaluga erano legati soprattutto alla conversione al sonoro dei nuovi stabilimenti romani di via Veio. La Pittaluga sarebbe diventata la prima e (per allora) l'unica casa di produzione italiana a possedere apparecchiature per la registrazione del suono. Quelle innovazioni tecnologiche avevano bisogno di cospicui capitali che la societa' continuo' a richiedere alla Comit; la morte di Pittaluga, avvenuta improvvisamente il 5 aprile del 1931, fece pero' precipitare la situazione in un momento di forte indebitamento della societa' finanziata.
Se i verbali del Comitato di Direzione della Banca portano traccia dei continui rinnovi del credito, sono le carte della Sofindit - la societa' che curo' poi lo smobilizzo del portafoglio industriale della Comit - a conservare la maggior parte della documentazione (tre faldoni relativi alla crisi della Pittaluga nel 1931), con numerose relazioni tecniche che mostrano, fra l'altro, il costo dei negativi dei singoli film prodotti nel 1931-1932 e quello della gestione di ogni cinema posseduto; sono ben documentati anche il passaggio della Pittaluga all'Iri nel 1934 e la sua liquidazione, con le relazioni ispettive dei controllori Comit
(82).
Facciamo un passo indietro per comprendere meglio il ruolo e il fascino di Stefano Pittaluga, un gigante del settore, un visionario per i tempi nei quali operava.
Grazie alla scelta di puntare sulla distribuzione in esclusiva delle principali produzioni europee e americane, Pittaluga era riuscito a conquistare una posizione di rilievo acquisendo il controllo di un circuito di sale, che copriva buona parte del territorio nazionale. Gian Piero Brunetta, un valente storico del cinema, segnala che, nella profonda crisi del comparto degli anni Venti "si inserisce Stefano Pittaluga, l'unico personaggio dotato di una statura e un profilo imprenditoriale da moderno capitano d'industria"
(83). Questi aveva costituito a Torino la Societa' Anonima Stefano Pittaluga (SASP), nella quale era stata concentrata l'attivita' di distribuzione, mentre l'acquisto, la cessione e la locazione delle sale cinematografiche era stata affidata a una societa' collegata.
A partire dal 1913, inizio della sua attivita', fino al 1930, Pittaluga riusci' a portare la SASP a gestire circa duecento sale cinematografiche. Raggiunta una posizione quasi monopolistica nel vitale snodo della distribuzione, con una quota di mercato pari a circa l'80%, Pittaluga porto' infine a compimento la propria strategia d'integrazione verticale entrando nel segmento della produzione, prima attraverso l'acquisizione della Fert Film (1922) e della Rodolfi Film (1923) di Torino e, successivamente, rilevando, nel 1926, la CINES di Roma.
Nel febbraio del 1927 il processo di concentrazione dell'industria cinematografica italiana sotto il controllo di Pittaluga raggiunse il picco, allorche' la Comit gli cedette l'Unione Cinematografica Italiana e il circuito di sale da essa controllata.
Ovviamente, la Banca fu molto grata al Pittaluga per aver risolto, almeno formalmente, il grave problema del suo controllo di fatto dell'UCI.
A tal punto va ricordato che, verso la meta' degli anni venti, stava gradualmente mutando l'atteggiamento del regime verso la "settima arte". Gli intellettuali fascisti militanti, raccolti attorno a riviste come "Il Tevere", L'Impero", "Lo Schermo" e altre, invocavano la rinascita della cinematografia nazionale e chiedevano direttamente a Mussolini di intervenire per la salvezza del settore, in palese difficolta' per lo strapotere delle case d'oltremare
(84). Allo stimolo di natura culturale non erano probabilmente estranee le attivita' di lobbying che il Pittaluga operava, tramite una catena di amicizie, perche' il regime trasformasse il tiepido atteggiamento iniziale, limitato alla creazione nel 1924 dell'Istituto Luce, con scopi specialmente d'informazione politica (85), in un'effettiva promozione del comparto.
In realta', il regime si era concentrato, inizialmente, specialmente sugli aspetti comunicazionali e di propaganda della settima arte. Soltanto nel 1934, con la creazione della Direzione Generale per la Cinematografia e l'anno appresso, con la fondazione del Centro Sperimentale di cinematografia, fu programmata una produzione di chiara marca fascista, favorendo un cinema nuovo, nazionale, che potesse contrapporsi alla invasiva produzione straniera. Rondolino, nel suo "Soria del Cinema", osserva che "da un lato scrittori e intellettuali si occupavano sulle pagine di giornali e riviste di questioni cinematografiche, sia sul piano teorico ed estetico che su quello programmatico; dall'altro artisti giovani ed entusiasti come Alessandro Blasetti tentavano di realizzare film indipendenti, prodotti in economia, legati a temi contemporanei, e industriali come Stefano Pittaluga progettavano un rilancio su basi serie e commercialmente fruttuose
(86)".
Con un deciso mutamento di rotta, il regime non fu avaro, da allora in poi, di protezioni e di legislazioni di favore per l'industria italiana
(87) . Ne sono testimonianza i finanziamenti ottenuto dopo il 1930 dalla Cines, che riscosse un premio governativo, sancito dalla Legge Bottai (88) , nella misura di lire 2.430.000 su un totale di stanziamenti di 2,5 milioni. Il premio veniva assegnato ai film usciti nel periodo giugno 1931/giugno 1932; in pratica, Pittaluga fece la parte del leone e, con cio', si puo' dire che si era aperta l'era del cinema assistito.
Col favore dello Stato e con le risorse della Commerciale, Pittaluga era stato il primo imprenditore del settore a fare tesoro della lezione rappresentata dal successo del modello americano. Fautore del passaggio al sonoro, inseri' nelle sue sale marchingegni per diffondere l'audio.
L'avvento del sonoro aveva aggiunto, inizialmente, un'ulteriore criticita' alla difficile situazione del cinema nazionale. Intanto, occorreva superare la barriera linguistica: per essere esportate, le pellicole dovevano essere adattate ai differenti mercati, con un conseguente aumento dei costi di produzione per il doppiaggio e la sincronizzazione dei film.
Ma anche dal solo lato delle proiezioni, il sonoro comportava particolari problemi: persino le nuove pellicole importate non avevano lo stesso rendimento economico dei film muti, perche' erano in lingua straniera e dovevano essere preventivamente doppiate. Quindi non erano immediatamente adatte alla programmazione per il pubblico italiano; infine, non potevano nemmeno essere proiettate in buona parte delle sale, non ancora attrezzate.
L'esportazione di pellicole italiane, gia' notevolmente diminuita, cesso' quasi del tutto, perche' i pochi stabilimenti di produzione esistenti non erano dotati delle apparecchiature necessarie per girare con il sonoro.
Si e' detto che nel 1926 Stefano Pittaluga, sostenuto finanziariamente dalla Banca Commerciale Italiana, aveva assorbito l'Unione all'interno della sua SASP. Da quel momento la CINES visse una sua 'seconda stagione', con la denominazione CINES-Pittaluga. Nel 1929 Pittaluga aveva rastrellato ormai l'80% delle azioni della CINES. Il gruppo Pittaluga mise in atto un rilevante aggiornamento tecnologico, che richiedeva investimenti per la conversione dei teatri di posa e per l'acquisto di strumentazioni piu' sofisticati di registrazione e di proiezione. Con la Commerciale alle spalle, i progetti furono, in un lasso anche ristretto di tempo, portati a compimento. Tra il 1929 e il 1930 i teatri di posa di via Veio a Roma furono sottoposti a un'ambiziosa e radicale ristrutturazione.
Il 23 maggio del 1930 furono inaugurati, alla presenza di Giuseppe Bottai, allora ministro delle Corporazioni, tre grandiosi studi, muniti di sistemi di registrazione sound-on-film RCA Photophone
(89) . Venne realizzato il primo fonofilm italiano, "La canzone dell'amore" (90) (1930) di Gennaro Righelli, cui fecero seguito altri film di commedia leggera ad opera di registi quali Guido Brignone e Goffredo Alessandrini, oltre alle prime innovative prove di Alessandro Blasetti e Mario Camerini.
I finanziamenti, di notevole portata, arrivavano sempre da Piazza Scala, divenuta ormai la principale azionista della SASP insieme a Pittaluga. In quel momento la CINES rappresentava quasi tutto il cinema italiano: su dodici film prodotti nell'anno, 10 avevano il marchio di quella societa'. Ancor di piu' l'anno appresso (12 su 13).
La destinazione nel 1930 di Ludovico Toeplitz a Roma da parte del padre banchiere fu, pertanto, non solo la testimonianza dell'inclinazione toeplitziana nell'accompagnare iniziative del genere, ma una necessita' impellente, viste le esposizioni in atto, ammontanti a svariate decine di milioni dell'epoca.
In quel clima di rinnovamento profondo della CINES, Ludovico Toeplitz ne divenne direttore, sia per passione che per salvaguardare gli interessi della Banca.
Le prime impressioni che il nuovo direttore ricavo' del Pittaluga non sembrarono molto lusinghiere, almeno stando a quanto riferisce Riccardo Redi nel suo volume "La Cines"
(91).
Scomparso nel 1931 prematuramente Pittaluga, a soli 44 anni, Ludovico assunse la guida della societa' fino al 1935 e chiamo' a collaborare, nella direzione dell'impresa, l'intellettuale Emilio Cecchi
(92).
Proprio in quella fase si stava esplicando il deciso intervento dello Stato per la rinascita del cinema italiano, cui si e' fatto cenno, con generose sovvenzioni e, naturalmente, i benefici non tardano a manifestarsi: la CINES aumento' vertiginosamente la produzione, come anche la Caesar; esordivano, intanto, altre case come la Titanus, la Tirrenia, la Lux, eccetera.
Nella stessa famiglia del Duce vi fu un personaggio entusiasta che rivesti' un ruolo di rilievo in quel decennio: Vittorio Mussolini
(93), secondogenito di Benito, divenne sceneggiatore e produttore cinematografico di discreta rinomanza.
La CINES edito', in pochi anni, molti film di grande successo. Tra i piu' noti, si ricordano "Gli uomini che mascalzoni"
(94) , "Palio" (95) , "La tavola dei poveri" (96) , "Acciaio" (97) , "O la borsa o la vita" (98), "T'amero' per sempre" (99), "1860" (100). Toeplitz e Cecchi radunarono attorno a se' letterati e artisti e si volsero con decisione verso il "film d'arte", a scapito dei film di genere, pur senza trascurarne la popolarita'. Direttore del doppiaggio era Mario Almirante (101).
Tuttavia,, proprio mentre la produzione di film da parte di altre case iniziava ad aumentare (il finanziamento del cinema viene assicurato dallo Stato e tutti quelli che potevano, ne approfittavano), la produzione della CINES comincio' ad arrestarsi. Cio', non solo per gli elevati debiti contratti negli anni, ma specialmente per la devastante crisi bancaria in corso.
Se l'atteggiamento del regime verso la cinematografia era cambiato in meglio, le partecipazioni dirette delle banche nelle imprese finanziate era giunta al capolinea.
La nascita dell'IRI sciolse definitivamente il connubio Comit/CINES. Nel 1931 le difficolta' della Commerciale erano diventate particolarmente acute. Non solo: traballavano, in contemporanea, pure il Credito Italiano e la Banca di Roma. Per liquidizzare gli enormi immobilizzi di quelle banche, il governo e la Banca d'Italia costituirono una holding, la Sofindit, con un miliardo di capitale
(102) . Era il primo, decisivo intervento della mano pubblica nell'industria italiana. Secondo un rapporto di Donato Menichella, braccio destro di Beneduce e direttore generale dell'IRI dal 1933 al 1944 (103), la Comit presentava 8 miliardi e 400 milioni di immobilizzi. Per risanare la situazione e ripristinare le riserve, sarebbero occorsi subito almeno 3 miliardi e cento milioni (104). Il 23 gennaio 1933 fu fondato l'IRI con il compito di rilevare i pacchetti azionari delle industrie detenuti dalle banche piu' sopra citate. Lo presiedeva Alberto Beneduce (105), molto ascoltato dal nuovo ministro delle finanze Guido Jung e dallo stesso Mussolini. L'8 marzo del 1933 Giuseppe Toeplitz fu costretto a dimettersi dalle sue cariche e la spinosa vicenda passo' nelle mani di Raffele Mattioli, che dovette accettare che la Comit (assieme a Credit e Banca di Roma) finisse sotto il controllo diretto del governo, dando luogo alla nuova figura di "Banca di Interesse Nazionale".
Oltre alle mutate, restrittive logiche finanziarie, si aggiunse, nel settembre 1935, uno spaventoso incendio che distrusse nel quartiere romano Appio Latino due dei tre teatri di posa della Cines, teatri nei quali veniva allora realizzata la meta' della produzione italiana. L'attivita' dovette forzosamente interrompersi e il glorioso marchio usci' di scena per circa un decennio.
Intanto, nel 1937, si inauguro' Cinecitta', un complesso gigantesco, tecnologicamente avanzato, di livello superiore a quelli presenti negli altri paesi europei. Gli investimenti furono molto elevati e nel 1939 lo Stato assunse la piena proprieta' del complesso, rendendo, di fatto, marginale il ruolo delle residue case produttrici indipendenti.
La CINES, per rinascere, dovette attendere il 9 febbraio 1942, quando fu concesso il nulla osta per il riavvio della sua attivita', affidata al produttore Guido Oliva. La terza CINES aveva carattere eminentemente statale, e integrava, nel campo della produzione, l'attivita' dell'E.N.I.C.
(106) , che provvedeva al noleggio tramite un proprio circuito di sale.
La produzione della "terza" CINES tra il 1942 ed il 1943 ebbe una certa risonanza, e comprese film come La bella addormentata, Avanti c'e' posto, Quattro passi fra le nuvole, Harlem, Fuga a due voci, Sorelle Materassi, Enrico IV, La locandiera, Il cappello da prete. Dopo l'8 settembre 1943 la societa' fu trasferita a Venezia dai fascisti repubblichini e produsse alcuni film, nel 1944, negli stabilimenti della Giudecca, nel cosiddetto Cinevillaggio.
Nell'estate 1949 la CINES fu nuovamente ricostituita, su basi eminentemente statali, diretta da Carlo Civallero fino al novembre del 1955 e in seguito da Aldo Borelli; quella "quarta" edizione produsse fra il 1950 ed il 1955 i seguenti film: Due mogli sono troppe, e' piu' facile che un cammello..., L'edera, La citta' si difende, Il brigante di Tacca del Lupo, Altri tempi, La voce del silenzio, Tempi nostri, Amici per la pelle, oltre a numerose coproduzioni con case francesi e film in compartecipazione con altre case italiane. Successivamente a questo buon periodo la CINES cesso' l'attivita', cedendo a terzi i diritti sui film prodotti.
Ma ulteriori dettagli sulle vicende della gloriosa casa cinematografica esulerebbero dal tema che ci siamo proposti.
Tra i pacchetti passati all'IRI, c'era stato anche quello della SASP, con in pancia i gloriosi teatri di posa. Terminava cosi', con la vita operativa della storica casa cinematografica, il legame con l'Istituto milanese.
Vale la pena segnalare che le disavventure con la CINES non impedirono alla Comit di coltivare, nel secondo dopoguerra, i suoi rapporti privilegiati col mondo del cinema, attraverso la sede di Roma, in contatto con tutte le societa' del "Gruppo cinematografico governativo" composto da Cinecitta', Cines e Enic, e cio' nonostante la BNL fosse diventata ormai la banca principale per il credito cinematografico, con la sua sezione speciale
(107).

[72]   Dopo il passaggio alla SASP, Ludovico conservo' il ruolo di segretario generale della Terni. Nell'opera piu' volte citata di Riccardo Redi sulla Cines, si riferisce che nel 1932 venne proposto a Pirandello un documentario sulla acciaieria. Lo scrittore visito' Terni, scrisse sul tema la novella "Gioca Pietro" e ne cedette i diritti alla Cines. Il film usci' col titolo "Acciaio" e fu accolto freddamente dal pubblico, rivelandosi un insuccesso commerciale.
[73] Mario Soldati (1906 -1999), scrittore, giornalista, regista, sceneggiatore e autore televisivo. Laureato in storia dell'arte, grazia a una borsa di studio insegno', nel 1929, alla Columbia University di NY. Torno' in Italia nel gennaio del 1931. Grazie a Guido Artom venne assunto dalla Cines-Pittaluga, a Roma. L'ingresso nel mondo del cinema lo vide inizialmente ‘ciacchista'in un film dii Mario Camerini. Dopo il breve apprendistato, Cecchi gli propose di sostituirlo all'ufficio soggetti. Collaboro', nel 1932, alla sceneggiatura (suggerendone il titolo) di "Gli uomini, che mascalzoni". Nei mesi seguenti rimaneggio' con Walter Ruttmann il soggetto di Acciaio (1933), scritto da Luigi Pirandello. Il film fu un flop dal punto di vista del regime, che lo aveva sollecitato quale occasione di propaganda. La carriera di Soldati ne risenti', fino a dover abbandonare la Cines nel 1934. In seguito, consegui' un ruolo di primo piano nel panorama culturale nazionale come regista, sceneggiatore e scrittore di successo.
[74] Pag. 203
 
[75] L'anonima, dotata di un capitale iniziale di 30 milioni, poi elevato a 75, sorse col sostegno determinante della Banca Commerciale Italiana, della Banca Italiana di Sconto e del Credito delle Venezie. All'Unione partecipavano la Cines, l'Ambrosio, la Caesar, la Tiber e altre case del settore. Purtroppo, agli elevati costi non corrispondevano introiti sufficienti; il fallimento poi nel 1921 della Banca Italiana di Sconto diede il colpo di grazia al neonato consorzio. (Gian Piero Brunetta, Cent'anni di cinema italiano, I, Editori Laterza, Bari,1991, pagg.128 e ss.)
[76] "Finanziare un sogno: le fonti per la storia del cinema nell'archivio storico di Banca Intesa", Cit.
[77] Riccardo Redi, La Cines, storia di una casa di produzione italiana, Paolo Emilio Persiani Editore, Bologna, 2011, pagg.75 e ss. Lo studioso segnala che "Piu' che un consorzio, finalizzato a evitare inutili concorrenze tra le case produttrici, l'UCI era una semplice anonima costituita da cinque soci: la Banca Commerciale Italiana, la Banca Italiana di Sconto, l'avvocato Giuseppe Barattolo che conferiva al capitale sociale gli stabilimenti della Caesar e il signor Alfredo Fasola che apportava le strutture della Incit di Torino". La Comit era rappresentata, nel consiglio di amministrazione dell'UCI, dal suo amministratore delegato, l'arch. Pietro Fenoglio e dal conte Giuseppe di san Martino.
[78] Gianni Rondolino, Storia del Cinema, UTET, Torino, 1988, pag. 99.
[79] Gia' nel 1924 il disastro dell'UCI era evidente. Nel tentativo di ridurre i danni, il 9 ottobre di quell'anno la Comit decise di rilevare le azioni della Banca Nazionale di Credito (erede della BIS) "per avere liberta' d'azione nella sistemazione dell'UCI". Riccardo Redi, op. cit. pag. 83.
[80] Riccardo Redi, op. cit. pag. 89.
[81] Il data- base sui fiduciari della Comit, conservato presso l'Archivio storico di Intesa Sanpaolo, ha restituito i nomi di questi consiglieri: il vicepresidente Mario Garbagni (capo dell'Ufficio Tecnico-Industriale della Comit), Renato Angelici, Edmondo Balbo, Guido Pedrazzini, Angiolo Piperno e Luigi Ravasco.
 
[82] "Finanziare un sogno: le fonti per la storia del cinema nell'archivio storico di Banca Intesa"; cit.
[83] Gian Piero Brunetta, op. cit. pag. 135.
[84] Gian Piero Brunetta, op. cit. pag. 136
[85] La proiezione dei cinegiornali LUCE nelle sale divenne obbligatoria a partire dal 1926 (Gianni Rondolino, Soria del Cinema, UTET, Torino, 1988, pag. 358)
[86] Gianni Rondolino, op. cit., pag. 359/60.
[87] Nell'assemblea della SASP del 23 marzo 1927, Pittaluga racconta "di essere stato recentemente ricevuto da Sua Eccellenza il presidente del consiglio, il quale con chiara visione della complessa situazione cinematografica italiana, ha confermato la sua ferma volonta' di risolvere il problema, assicurando un benevolo interessamento del Governo Nazionale". Riccardo Redi, op.cit. pag. 92.
[88] Legge n. 918 del 18 giugno 1931
[89] Gian Piero Brunetta, op. cit., pag. 163
[90] Alla voce "Cines" della Treccani. Scheda di Stefania Carpiceci - Enciclopedia del Cinema (2003). La storia, liberamente rivisitata, era tratta da una novella di Pirandello, "Il silenzio".
[91] Op. cit. pag.106, che riporta un giudizio espresso da Ludovico in "Ciak a chi tocca" (L. Toeplitz, Milano Nuova, 1964). "Mi ero immaginato di trovare un personaggio imponente…ed egli invece si presentava come un modesto viaggiatore di commercio, indiscutibilmente astuto nel comprare e vendere la sua roba, ma facendolo con l'umilta' dell'uomo venuto dal nulla, che non aveva avuto i mezzi per studiare ne' il tempo per coltivarsi".
[92] Emilio Cecchi (1884-1966) fu un esponente di rilievo nella letteratura e critico d'arte della prima meta' del Novecento. Padre della sceneggiatrice Suso Cecchi D'Amico (1914-2010) e del costumista, scenografo e pittore Dario Cecchi (1918-1992). Per un certo periodo fu direttore della societa' di produzione Cines.
 
[93] Vittorio Mussolini 1916 -1997. Amante di cinema, coinvolse spesso il Duce nel suo amore verso questo forma d'arte. Nel 1937 si reco' negli Stati Uniti d'America, a Hollywood, per cercare di instaurare rapporti commerciali con l'industria del cinema statunitense. Le major hollywoodiane lo accolsero tuttavia con ostilita' e la Metro-Goldwyn-Mayer rifiuto' l'incontro. Diresse la rivista "Cinema" sulla quale scriveva, fra gli altri, Luchino Visconti. Costitui' la societa' di produzione ERA film, con la quale ebbe non poche difficolta' economiche, pur promovendo la realizzazione di film di un certo valore, come Grandi magazzini, Batticuore (entrambi di Mario Camerini, 1939) e Noi vivi (Alessandrini, 1942), uno dei maggiori successi popolari dell'epoca. In seguito fondo' la societa' ACI (Alleanza Cinematografica Italiana) con cui produsse una decina di film. Nei primi anni Quaranta firmo' il soggetto di tre film, Luisa Sanfelice, I tre aquilotti (entrambi del 1942) e soprattutto Un pilota ritorna, diretto da Roberto Rossellini nel 1941. Aveva aderito con convinzione alla Repubblica Sociale; fu, in quel periodo, a capo della segreteria del padre. Alla fine della guerra si imbarco' clandestinamente per l'Argentina dove visse - senza piu' occuparsi piu' di cinema - fino al 1967, anno in cui rientro' definitivamente in Italia.
[94] Anno 1932, regia di Mario Camerini, con Vittorio de Sica e Lya Franca. Nel film viene lanciata la famosa canzone di Bixio e Neri: "Parlami d'amore, Mariu'".
[95] Anno 1932, regia di Alessandro Blasetti, ambientato durante il Palio di Siena, con Leda Gloria e Guido Celano.
[96] Anno 1932, regia di Alessandro Blasetti. Con Leda Gloria, Raffaele Viviani e altri noti attori dell'epoca.
[97] Anno 1933, su soggetto di Luigi Pirandello, con Isa Pola. Il film fu diretto dal regista tedesco Walter Ruttmann e realizzato dalla "Cines", da poco attrezzata per le produzioni sonore, quale tentativo di apertura verso apporti culturali internazionali. Girato in gran parte in esterni presso la Acciaierie di Terni, fu caratterizzato da numerosi contrasti tra l'autore, il regista, il compositore e la produzione. Ne venne prodotta anche una versione tedesca. Alla sua uscita divento' l'oggetto di una netta divaricazione tra le opinioni della critica, che lo considero' quasi unanimemente poco meno d'un capolavoro, e l'accoglienza del pubblico, che ne decreto' un pesante insuccesso commerciale.
[98] Anno 1933, regia di Carlo Ludovico Bragaglia, con Sergio Tofano, Rosetta Tofano, Luigi Almirante.
[99] Anno 1933, regia di Mario Camerini. Con Nino Besozzi ed Elsa De Giorgi.
[100] Anno 1934, regia di Alessandro Blasetti, con Gianfranco Giachetti e Maria Denis.
[101] Padre del noto personaggio politico Giorgio Almirante e discendente di una famiglia di artisti, inizio' la sua carriera nel teatro di recitazione al fianco di artisti come Ruggero Ruggeri ed Eleonora Duse . Fu anche regista di scena per diverse compagnie teatrali, passando poi al cinema, come attore e regista . Con l'arrivo del sonoro realizzo' cortometraggi, poi nel 1931 passo' al lungometraggio, dirigendo nel periodo due film. Nel 1932 una svolta di carriera lo porto' verso il doppiaggio, un'attivita' creata in Italia nell'estate del 1932 da Emilio Cecchi della casa Cines-Pittaluga. Almirante divento' cosi' direttore del doppiaggio della major italiana. Presto' la voce a numerosi grandi interpetri stranieri, tra cui Charlie Chaplin.
[102]  Vedi nota n. 57
[103]  Successivamente, fu direttore e poi governatore della Banca d'Italia
 
[104] Riccardo Redi, op. cit., pag. 126
[105] Alberto Beneduce (1877 - 1944) fu un dirigente pubblico, economista, politico e accademico italiano, amministratore di importanti aziende statali nell'Italia liberale e fascista, amministratore delegato dell'INA, tra gli artefici della creazione dell'IRI e suo primo presidente, oltre che ministro e deputato. Il ruolo di Beneduce fu essenziale nella ristrutturazione dell'economia italiana successiva alla crisi mondiale del 1929. Il fallimento delle maggiori banche italiane, che detenevano anche numerose partecipazioni azionarie nelle imprese industriali, fu evitato grazie all'intervento dello Stato. Il "sistema Beneduce" prevedeva la netta separazione fra banche e imprese industriali, con la partecipazione diretta dello Stato al capitale di controllo delle imprese. Nel gennaio 1933 il ministro delle Finanze Guido Jung, Beneduce e Donato Menichella furono i principali fautori della nascita dell'Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI). Beneduce ne fu il primo presidente, dalla sua costituzione fino al 1939. Fu tra gli ispiratori della legge bancaria del 1936 (Regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375, che vieto' alle banche l'esercizio congiunto del credito a breve e a lungo termine.
[106] Ente statale italiano di produzione e distribuzione cinematografica, attivo dal 1935 al 1959.
[107] La BNL fu incaricata, nel 1935, di seguire in maniera specifica le attivita' cinematografiche, curando, tramite una Sezione Autonoma, la gestione e l'erogazione dei fondi statali per il settore.

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