Una passione per il cinema. I Toeplitz e la Banca Commerciale Italiana

settima e ultima puntata

In tale ottica, decisivo era stato il ruolo di Ettore Cambi (108), presidente di Enic e Cinecitta' fino al 1950, gia' consigliere Comit e suocero del capo del servizio Estero Comit, Carlo Bombieri, che sosteneva autorevolmente il gruppo cinematografico presso la direzione della Banca. In particolare, fino al 1957 prosegui' costantemente il finanziamento della Comit a Cinecitta', che era ormai il centro di tutta la produzione cinematografica
italiana
(109).
Nel suo libro di ricordi cinematografici
(110), Ludovico si attribuisce il merito, in quanto direttore della Pittaluga, di aver lanciato la mostra del Cinema a Venezia (inaugurata nel 1932), che invece pare fosse un'iniziativa di Giuseppe Volpi, presidente della Biennale. La mostra del cinema ebbe il potere di far ripartire turisticamente il Lido di Venezia, lanciato come iniziativa turistica nel 1905 con la creazione, da parte di Volpi e di Giuseppe Toeplitz, della Compagnia Alberghi Lido, poi denominata CIGA.
La situazione della Pittaluga/Cines precipito' nell'estate del 1933: la produzione dei film fu sospesa, Toeplitz e Cecchi si dimisero e la societa' fu liquidata da Mario Solza, un dirigente della Sofindit. Ludovico si trasferi' a Londra dove, con i capitali paterni, si consocio' alla London Film Productions del famoso registra e produttore Alexander Korda.
Un particolare curioso: in precedenza, per filmare il matrimonio a Varese della cugina Rysia Toeplitz con Federico Consolo, Ludovico utilizzo' una troupe della Cines. Si tratta di un documento straordinario che mostra la villa Toeplitz di Varese quando non era ancora un parco. Il matrimonio fu celebrato il 14 maggio 1932; Ludovico incarico' della ripresa suo cugino Jerzy Toeplitz, che fu poi suo segretario a Londra ai tempi della Toeplitz Production Ltd., oltre a percorrere successivamente una prestigiosa carriera nel cinema polacco. Il raro reperto e' stato ritrovato, per caso, di recente
(111).
In tutte quelle drammatiche vicende finanziarie, Ludovico Toeplitz aveva ormai maturato una buona esperienza nel settore e, visto il quadro disastroso che si era delineato sia in CINES e, specialmente, in Comit, aveva cominciato a tessere la sua tela a Londra, citta' nella quale si trasferi' nel 1933 e produsse cola', con l'ungherese Alexander Korda
(112), alcuni tra i maggiori film inglesi degli anni Trenta, il piu' famoso dei quali fu "Le sei mogli di Enrico VIII' (The Private Life of Henry VIII, "finanziato interamente e privatamente da papa', che vi investi' 48.000 sterline") diretto dallo stesso Korda (113).
Il gradimento del pubblico fu tale che, nei soli primi sei mesi di proiezione, la pellicola aveva gia' incassato 200.000 sterline. Ritenuto un capolavoro, il film ebbe vasta risonanza mondiale.
Tra le produzioni successive, si rilevano altri film di successo, con attori quali Leslie Howard, Merle Oberon e Douglas Fairbanks senior. I piu' noti sono "Bozambo" (Sanders on the river ) e "La grande Caterina" (The Rise of Catherine the Great, 1934)
(114).
Dopo di che, Ludovico si mise in proprio, costituendo la Toeplitz Production Ltd.
(115) La Toeplitz Production era interamente controllata dalla famiglia; nel consiglio figuravano esponenti di rilievo del mondo finanziario londinese, di fiducia di Giuseppe Toeplitz (116).
Il primo film realizzato fu "Il Dittatore", con Clive Brook e Madeleine Carrol, per la regia di Victor Saville
(117). Fu un parto molto tormentato, in quanto gli attori prescelti avevano, per contratto, la possibilita' di ricusare il regista proposto: per i capricci dei divi, Saville fu la terza scelta, dopo Kurt Barnhardt e Al Santall.
A partire dal 1935, Ludovico continuo', sempre a Londra, l'attivita', realizzando alcuni film, tra cui i piu' noti sono "Non mi sfuggirai" (Escape Me Never, 1935); "L'amato vagabondo" (The Beloved Vagabond, 1936. Si trattava di una collaborazione anglo-francese, con Maurice Chevalier e Margaret Lockwood).
Non ando' in porto, invece, il tentativo di strappare la diva Bette Davis alla Warner Bros: nel 1936 la diva accetto' la proposta di Ludovico per andare a girare un film in Inghilterra, ma la Warner intento' una causa che l'attrice perse, rinunciando al progetto
(118).
La nomea conquistata sul difficile mercato anglosassone comporto', finalmente, riconoscimenti anche in Italia. Nel 1936 Ludovico Toeplitz fu chiamato a Roma dal Ministro della Cultura Popolare, Dino Alfieri, per collaborare alla scelta dei film italiani da mandare al festival di Venezia
(119)
Gli eventi internazionali stavano tuttavia precipitando. Ludovico confessa che "la vita, per un italiano in Inghilterra, rischiava di divenire sempre piu' difficile e intollerabile"
(120). Maturo' quindi il disimpegno dalla Toeplitz Production, vendita a un gruppo francese; una societa' di appoggio, la Two Cities, della quale il narratore possedeva il 51%, fu regalato al socio di minoranza, Filippo del Giudice.
Non risulta che Ludovico abbia prodotto film negli anni successivi, almeno sino al 1949.
Nel 1936 rientro' in Italia, a Firenze, assieme alla terza moglie, Maria Crisi e alla figlia Donina, ormai sedicenne. Abitava in una bella casa di proprieta' della famiglia.
Il 27 gennaio 1938 mori' il banchiere, Giuseppe Toeplitz. Ludovico eredito' la villa di Varese, con i quattordici ettari di giardino, meta' di una palazzina in Via Telesio a Milano, la casa in cui viveva a Firenze, terreni e beni mobili in Polonia e in Italia e consistenti pacchetti di azioni
(121).
Contemporaneamente, iniziavano i suoi problemi per la promulgazione in Italia delle leggi razziali. La posizione di Ludovico non era per niente chiara: pur essendo stato battezzato, era pur sempre figlio di ebrei. Per scongiurare paventate confische, volle procedere a una finta vendita ai suoi congiunti, rifugiandosi nel 1939 a Bruxelles. Quella vendita simulata fu la causa, poi, delle sue vicissitudini nel secondo dopoguerra, essendosi rifiutati i finti acquirenti di restituirgli i beni apparentemente ceduti.
Nell'aprile del 1940, a seguito di un ricorso all'ufficio di Difesa della Razza di Roma, fu riconosciuto come ariano e addirittura utilizzato in sovrannumero presso l'Ambasciata Italiana del Belgio. Ludovico riferisce che, grazie a quella posizione di lavoro, pote' aiutare i tanti perseguitati in occasione dell'occupazione nazista, riuscendo a far espatriare in Spagna novantatre' israeliti
(122). L'attivita' clandestina non passo' inosservata alla Gestapo: arrestato, il protagonista fu imprigionato per sette mesi. Uscito dal carcere, resto' a Bruxelles fino alla liberazione del 1945. Nonostante la guerra e la perdita delle proprieta' in Polonia, disponeva ancora di una parte del patrimonio personale e di alcune rendite, sufficienti per proseguire nella vita agiata della quale aveva goduto sin dall'infanzia.
Rientrato in Italia e persa, come anticipato, una parte considerevole dei beni (i finti donatari si rifiutarono di restituirli), si stabili' per un periodo sul Lago Maggiore, allacciando rapporti con esponenti del nuovo cinema nazionale, in particolare con Rossellini, De Sica e Carlo Ponti. Con quest'ultimo avvio', nel 1949, l'edizione inglese di un film, "Campane a martello (Children of Chance)" ambientato a Ischia, per la regia di Luigi Zampa
(123).
Dopo di che, Ludovico visse in India per ben dodici anni, in un volontario esilio, ritornando in Italia soltanto nel 1962. Dopo un periodo trascorso a Firenze, si ritiro' definitivamente a Fino Mornasco, in provincia di Como, con la quarta moglie Pauline Haardt, alla quale e' dedicato il libro "Ciak a chi tocca".
L'ultimo film, prodotto dopo un'assenza quasi ventennale, fu "Don Giovanni in Sicilia", una commedia del 1967 tratta dall'omonimo romanzo di Vitaliano Brancati. La direzione fu affidata ad Alberto Lattuada, gli attori principali erano Lando Buzzanca, Katia Moguy ed Ewa Aulin. In questo film recito' anche Ludovico una piccola parte, interpretando Vittorio Valsecchi.
Il figlio di Giuseppe Toeplitz, dopo un'esistenza avventurosa, brillante e, tutto sommato, fortunata per le influenti amicizie e le rilevanti possibilita' economiche, si concluse definitivamente il 12 ottobre 1973 a Milano.

Enzo Barone
 

[108] Ettore Cambi (1881-1972 ) dopo una carriera burocratica di successo all'interno dell'amministrazione pubblica, era stato nominato Ragioniere Generale dello Stato il 13 agosto 1932. Fu, tra l'altro, consigliere d'amministrazione dell'IRI e dell'Ente nazionale industrie cinematografiche (ENIC). Negli anni della guerra, ai normali compiti si aggiunsero le attivita' di controllo finanziario sulle spese belliche. Dopo il 25 luglio fu condotto a Milano, dove svolse per qualche tempo le sue funzioni nel governo di Salo'. Per quella adesione, fu temporaneamente sospeso; Il provvedimento fu, pero', successivamente revocato. Costituitasi nel settembre 1947 l'Amministrazione degli aiuti internazionali (AAI), il Cambi ne divento' direttore generale, mantenendo quell'incarico fino al 1959, fu collocato a riposo. Fu, inoltre, presidente di Centrobanca, l'istituto che riuniva le banche popolari italiane e presidente della rinata CINES. Mori' a Montepulciano il 27 agosto 1972.
[109] Finanziare un sogno: le fonti per la storia del cinema nell'archivio storico di Banca Intesa"; cit.
[110] Ciak a chi tocca, Edizioni Milano Nuova, Milano, 1964. Anche ne "Il banchiere" Ludovico insiste nella sua tesi, asserendo che, nei suoi contatti con la Direzione Nazionale della Cinematografia, aveva sostenuto l'idea di creare "una riunione internazionale, una specie di congresso cinematografico in Italia"(pag. 207). Sarebbe stato cosi' deciso di piazzare al Lido di Venezia (ove era presente la CIGA, altra creatura di Toeplitz) un convegno "invitando i maggiori produttori del mondo a venirvi personalmente a presentare un film a loro libera scelta, accompagnati da attori, da registi e, comunque, da cineasti di fama". In quella prima kermesse, la Cines presento il film di Camerini "Gli uomini, che mascalzoni".
[111] Il filmino e' frutto di una scoperta casuale di Paolo Musajo Somma, un blogger di "Varese nascosta" presso gli archivi di Banca Intesa, che aveva tuttavia consegnato il materiale alla cineteca di Milano, il Museo del Cinema. Recuperata e restaurata la pellicola, si e' costatato che Il film dura 12 minuti ed e' pieno di spunti: diviso in capitoletti, mostra la villa e gli invitati. ed era stato realizzato con macchine professionali. Tra gli invitati, appare anche un giovane Enrico Cuccia. Federico Consolo, lo sposo, era il figlio del direttore della filiale londinese della banca, Enrico Consolo. Con lui al matrimonio, secondo quanto riporta l'archivio banca Intesa, erano anche presenti, tra gli altri, Ettore Conti, storico presidente Comit e Angelo Sraffa, professore della Bocconi e padre dell'economista Piero Sraffa.
[112] Alexander Korda (1893 - 1956) fu un regista e produttore cinematografico ungherese naturalizzato britannico. Dopo aver realizzato una ventina di film in Ungheria, si sposto' a Vienna e successivamente a Berlino, e, infine, a Hollywood, dove divenne direttore della United Artists. Trasferitosi poi definitivamente a Londra, fondo' una sua societa', la Londons Film che edito' numerose pellicole di notevole rilievo. Proprio "Le sei mogli di Enrico VIII" costitui' uno dei suoi maggiori successi: il film fu candidato all'Oscar; il protagonista, Charles Laughton, ottenne la prestigiosa statuetta come miglior attore.
[113] Pag. 209. Il prestito da Toeplitz padre alla Londons Film fu accordato al tasso del 4,50% . In "Ciak a chi tocca", Ludovico precisa che, per il periodo, si tratto' di uno dei film piu' costosi mai girati. In Inghilterra non si era mai pagato piu' di 25.000 Sterline per un film (pag. 136).
[114] Oltre ai lavori citati, si ricordano pure "La primula rossa" con Leslie Howard; "Bozambo" con Paul Robson; "Il fantasma galante" con Robert Donat e Merle Oberon; "La vita privata di don Giovanni" con Douglas Fairbanks senior.
[115] I capitali della Ltd erano di famigli, alla presidenza venne chiamato un alto esponente della Midland Bank, per conferire visibilita' all'iniziativa. Il primo film prodotto fu "Il Dittatore", per la regia di Victor Saville, con Clive Brook e Madelaine Carrol.
[116] Pag. 213
[117] Il film trattava della patetica vicenda del dottor Struensee, un tedesco che alla fine del settecento divenne dittatore della Danimarca. Fini' decapitato. Ludovico racconta che in Italia il film dovette uscire, per motivi di censura, col titolo "Il Dominatore". (Ciak a chi tocca, pag. 174/175).
[118] Ciak a chi tocca, cit. pagg.188 e ss.
[119] Ciak a chi tocca, cit., pag. 152
[120] Ciak a chi tocca, cit., pag. 209
[121] Ciak a chi tocca, cit. pag. 216
[122] Ciak a chi tocca, cit., pag. 225
[123] Con Patricia Medina, un'attrice abbastanza nota negli anni 50, seconda moglie dell'attore Joseph Cotten. Altri protagonisti: Yvonne Mitchell e Manning Whiley. Non abbiamo trovato tracce della circolazione del film in Italia.
 

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