rubrica musicale
di
Claudio Santoro
Umberto Bindi
Si parla spesso - a volte anche a
sproposito - di omofobia, ma la storia che oggi voglio raccontare e'
quella di un artista che oso' fare "coming out" (dall'inglese "coming
out from the closet" ovvero uscire dal ripostiglio, ovvero
dichiarare la propria omosessualita') nella prima meta' degli anni
'60 in Italia.
Stiamo parlando di Umberto Bindi, senza dubbio uno dei principali
esponenti della cosiddetta "scuola genovese" che comprende artisti
del calibro di Gino Paoli, Luigi Tenco, Bruno Lauzi, Fabrizio De
Andre'.
Nato a Bogliasco, nei pressi di Genova, classe 1932, dotato di
grande preparazione musicale, si distingue subito per la maestria
nella composizione, con melodie sontuose, sostenute da
orchestrazioni raffinate.
Il successo gli arride nel 1959 con la famosa "Arrivederci",
composta insieme al paroliere Giorgio Calabrese che lo accompagnera'
per gran parte della sua carriera.
Seguono altri pezzi che confermano la sua popolarita', sempre
all'insegna del buon gusto e della musica di ottimo livello. Basti
ricordare "Il nostro concerto" oppure "Il mio mondo" che ottiene un
grosso successo mondiale anche all'estero nella versione "You're My
World" cantata da Cilla Black e da Tom Jones.
Fra l'altro si narra che nello storico incontro avvenuto nell'agosto
1965 fra Elvis Presley e i Beatles, fu proprio questo pezzo che
venne eseguito nella improvvisata jam session casalinga.
Ma i problemi di discriminazione per Bindi iniziano presto,
bersagliato dalla stampa e dall'ambiente che allora non tollerava
minimamente un artista omosessuale.
A cio' si aggiunga una dimensione artistica che rifuggiva dal
casareccio e che tendeva sempre a tenere alta l'asticella della
musica creata.
Iniziano gli anni bui, viene escluso sistematicamente da apparizioni
televisive e di cio' ne parlera' in dettaglio nel 1996, in occasione
del suo ritorno al Festival di Sanremo. Oltre alla scomparsa della
madre iniziano anche i problemi economici, accentuati dalla
impossibilita' di poter lavorare.
La situazione precipita, anche per motivi di salute, tanto da
indurre l'amico Gino Paoli a chiedere nel 2002 l'applicazione della
Legge Bacchelli per sostenere finanziariamente l'artista e
garantirgli un'esistenza decorosa. Ne godra' per assai poco tempo,
dato che la morte avviene nel maggio di quell'anno.
Oggi i problemi di omofobia non possono certamente definirsi
risolti, ma se paragoniamo l'atmosfera odierna con quella vissuta e
subita da Umberto Bindi non possiamo non trovare notevoli e
sensibili differenze.
Forse grazie anche all'artista genovese.
Claudio Santoro (Lecco)
ascolta in sottofondo
Umberto
Bindi - Il mio mondo