DINO BUZZATI E QUALCHE TRAIT D'UNION CASUALE, SIA PUR IN CHIAVE DIVERSA...
di
Arnaldo De Porti

"Nella Val Belluna... c'e' una fusione meravigliosa e quasi incredibile fra il mondo di Venezia ed il mondo della montagna con il suo senso intraducibile di lontananza, solitudine e leggenda", scrive Buzzati,   con appendici non secondarie con Milano, aggiungerei io, facendo seguito a detta condivisibile riflessione buzzatiana.

Quanto sto per scrivere, non deve essere confuso per autocelebrazione dalla quale rifuggo con forza e tanta onesta' intellettuale, tuttavia, con riferimento a quell'epoca, mi sento di poter fare un certo accostamento logistico-geografico-professionale con la vita del famoso giornalista del Corriere della Sera, oltre che scrittore, alpinista, vignettista, pittore, drammaturgo, musicista ecc. ecc., nato e cresciuto a qualche chilometro dalla mia casa di Feltre, precisamente nella Villa San Pellegrino di Visome, alle porte di Belluno.

Ebbene, ribadendo quanto sopra, colgo in alcuni suoi spostamenti professionali di allora , un suo prevalente   "peregrinare" nel triangolo  Belluno-Venezia-Milano, realta' che, sia pur in contesti diversi,  dovuti anche a collocazioni familiari di macroscopiche dimensioni sociali che certamente l'avranno favorito rispetto alle mie modeste  personali origini , scopro in esse, e non solo da adesso, un casuale accostamento anche con la mia vita.

Dico subito, dopo aver letto parecchio di Buzzati, anche nella mia veste di componente del consiglio direttivo internazionale  dell'associazione Dino Buzzati,  di respirare ancora quell' aria che molto verosimilmente deve aver respirato pure lui a Milano e di aver forse provato allora  le sue stesse sensazioni negli spostamenti nel predetto triangolo nel quale  egli, come me,  doveva  sdoppiarsi  per professione, da Milano, Via Solferino,  fino a Belluno; e cio' per gli affetti familiari ed altro, senza peraltro escludere  Venezia, citta' che, non solo per lui, forse e' stata il sale della vita intellettuale.

Arrogandomi una certa presunzione vorrei dire che detta aria pertanto l'ho respirata pure io, sia pur qualche anno  dopo di lui  (io sono del 1935, Buzzati del 1906);  infatti, allora Milano costituiva  un forte richiamo anche per il pane   (non per niente allora esisteva il detto: "chi volta el cu'u a Milan, il volta al pan"), ma detta esigenza non riguardava certamente Buzzati stante il suo agiato spessore sociale,  mentre, per quanto mi riguardava da vicino  assolutamente si' !,  per cui le fatiche erano molto e molto diverse;  inoltre Milano  era anche un forte richiamo per la cultura  di cui allora era possibile nutrirsi gratuitamente in tantissime e famosissime istituzioni meneghine  che ho frequentato  conoscendo personaggi di altissimo livello che, neppure la capitale Roma forse si sognava e tuttora forse si sogna  sotto certi aspetti  ecc. ecc.

Dopo aver fatto incetta gratuita  di queste risorse, ed in questo mi par di capire che anche in  Buzzati, come per me,  c'era la voglia di tornare a Venezia o a Belluno, ove un'aria, forse un po' diversa rispetto alle risorse di cui facevo cenno,  aveva bisogno di essere integrata da una... realta' locale meno convulsa e piu' naturale rispetto a quella milanese, nella quale sentire gli affetti familiari,  il gusto delle proprie  radici,  vedere gli amici con i quali esprimersi in dialetto bellunese o veneziano... aspetti tutti che, una volta "metabolizzati",   fornivano la carica per affrontare piu' serenamente il lavoro quotidiano.

Belluno poi  e'  a... pochi chilometri da Venezia,  citta' quest'ultima che allora era particolarmente amata dai milanesi, per cui non era difficile  amalgamarsi in nome della cultura,  attraverso il collante cosmopolita di cui la "Serenissima" era e tuttora e' portatrice.

Detto questo alla leggera, senza citare cose ed eventi che ormai tutti sanno su Dino Buzzati, io penso di aver vissuto in questo triangolo Venezia-Belluno-Milano, forse con le stesse sensazioni che dovrebbe aver provato questo famoso personaggio, alternandomi, come lui,  fra dette citta' fors'anche  in direzione di comuni casuali interessi:  lui lavorava infatti in Via Solferino, a Milano, presso il Corriere della Sera,  io a qualche centinaio di metri in Piazza della Scala, presso la Direzione Centrale della Banca Commerciale Italiana;   lui frequentava gli atenei veneti, a Venezia, come facevo io,  fra gli altri,  per gli studi sulla costituzione della CEE , e poi  tutti a Belluno allo scopo di integrare risorse psico-fisiche  per affrontare il domani.

Lo scopo di questa mia riflessione,  nata non  certo da vanagloria, si prefigge di inquadrare un periodo particolare della storia che, a quei tempi, ha investito anche  parecchi di noi della Banca Commerciale Italiana, realta' che,  sicuramente,  era indice di una certa versatilita', imposta e non, verso Milano.

Morale.  Ci sarebbe anche da aggiungere che nella "maratona"  della vita,  sovente anche per  fortunata collocazione familiare,   c'e' chi  trova la strada spianata fin da subito, favorendo  interessi e successi culturali che, prescindendo da intelligenza e capacita' personali,  molto verosimilmente non possono o non potrebbero  essere perseguiti con successo da chi parte con diverse lunghezze di svantaggio  !

Ma questa e' la vita.

 

Arnaldo De Porti

 

 

in sottofondo i Belumat - Anyway
 

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