Santa Barbara 2018
Anche quest’anno, in occasione della ricorrenza di Santa Barbara, puntualmente, a Fratta di Caneva di Sacile, l’AIEM, Associazione Italiana ex Minatori, presieduta dall’avv. Barbara Martinuzzo, ha voluto ricordare il mondo della miniera, alla presenza di autorità civili e militari. Mi scuso subito se non ne cito il nome, ma l’ampio servizio fotografico qui sotto riportato potrà supplire a questa mancanza.
La forte partecipazione, data per scontata come lo è sempre stato anche in passato, si è articolata con le stesse modalità del passato: la Santa Messa, la processione con la statua di Santa Barbara portata a spalle dagli alpini, canti riconducibili alla miniera interpretati magistralmente dalle bande musicali della zona, interventi da parte di sindaci, assessori, esponenti del governo ed altri, in primis della Presidente dell’AIEM che ha invitato tutti a riflettere sulla figura del minatore, quasi sempre dimenticata dalle nuove generazioni che, senza conoscerne il valore e la storia, non sanno che gran parte del benessere attuale lo si deve proprio a detta nobile figura che, grazie ai suoi pesanti sacrifici spesso pagati anche con la morte, ha contribuito a risollevare l’Italia dopo la guerra.
Il discorso sarebbe molto lungo per cui mi pare opportuno ed utile ricordare in sintesi che tutti gli oratori si sono trovati perfettamente d’accordo sulla necessità di portare ad una più approfondita conoscenza, anche e soprattutto nelle scuole, la storia che ha caratterizzato la vita di tanti minatori, magari alla presenza, fintantoché sarà ancora possibile, di qualche superstite ancora in vita - di cui a foto che seguono - a cui auguriamo peraltro ogni bene.
Le tantissime foto, in calce al
presente articolo, parlano da sole per cui, interpretando il
pensiero degli intervenuti alla cerimonia, vorrei riportare una
mia riflessione letta nella Parrocchia di Fratta, gremita come
sempre da molta gente proveniente anche da lontano.
…Non vorrei
che queste mie poche parole fossero considerate una sorta di
consuetudine da pronunciare puntualmente in occasione della
ricorrenza di Santa Barbara, ma piuttosto una forte esigenza che
nasce e si alimenta giorno per giorno da un condivisibile nostro
sentimento umano.
Lasciando da parte le facili retoriche che spesso si sentono in
queste occasioni, vorrei dire con molta sincerità che, fino a
pochi anni fa, non conoscevo più di tanto la figura del
minatore, realtà che poi, grazie all’infaticabile Barbara,
Presidente dell’AIEM, supportata dalla memoria del padre Arduino
che ora non c’è più, insieme con altri minatori, ho voluto
approfondire il mondo della miniera al punto da commuovermi ogni
volta sento parlare di questo difficile e pericoloso contesto.
Chi è il minatore ? A mio avviso, si tratta di un uomo semplice,
ma portatore di incommensurabili ed ineguagliabili doti di
nobiltà verso il prossimo tutto, persona responsabile ed onesta
che non ci ha pensato un attimo a mettere a repentaglio la sua
vita allo scopo di dar da mangiare (nel vero senso della parola)
alla sua famiglia.
Come ?
Scendendo, come noto, nelle viscere della terra a profondità
paurose (7-800 anche oltre i 1000 metri) nella speranza, una
volta sceso a dette profondità, di “tornare a giorno”.
Frase che ognuno si ripeteva ogni qualvolta scendeva in miniera,
spesso facendosi anche il segno della croce.
Per questi motivi, non posso non pensare a quanto hanno sofferto
i minatori per darci quel benessere che, seppur sempre relativo
per taluni, spesso non ci accorgiamo di avere in quanto siamo in
preda ad una sorta di assuefazione che ci distoglie spesso dalla
stessa ragione umana per farla abdicare a quella del mondo
informatico che oggi travolge tutto, in primis il sentimento.
Proprio ieri sera, a Belluno, durante una conferenza, ho detto
che non esiste alcuna ricchezza più importante dei sentimenti,
anche nei confronti di chi - e lo aggiungo ora - lavora tuttora
nelle miniere spesso rimettendoci la vita, senza che la stampa
di certi paesi ancora in regime di dittatura, dicano alcunché.
Vorrei chiudere con un pensiero nei confronti dell’AIEM,
istituzione nazionale che attraverso chi la regge affrontando
fatiche e problemi, è ancora in grado di sostenere il ricordo di
chi non c’è più attraverso le annuali ricorrenze di Santa
Barbara come quella che stiamo ora celebrando in memoria di un
mondo al quale dobbiamo dire grazie, magari anche facendo una
riflessione più profonda rispetto a quella che, in questo
momento, ho voluto fare brevemente.
Lasciatemi pertanto rinnovare un vivo apprezzamento ed una
infinita gratitudine verso i minatori tutti, sia dei nostri
paesi che verso quelli di tutto il mondo, in un abbraccio ideale
che, come ebbe a dire Papa Giovanni XXIII, con una frase famosa
riguardante i bambini durante la sua elezione, deve coinvolgere
anche noi “grandi”, rendendola operativa oggi stesso, sia pur in
diverso contesto, anche nelle nostre CASE….
Alla fine della cerimonia quei pochi minatori che sono rimasti, come l’amico Luigi Mandis del 1931 (v.foto), hanno voluto ricordare, con evidente commozione, qualche parentesi vissuta in miniera.
C’è stato chi, con altrettanta evidente tristezza, come l’altro amico, Emilio Zava, classe 1931, (v. foto) che ha portato l’elmetto che adoperava a 1.050 metri sotto terra e che, più volte, gli ha salvato la vita a seguito vari crolli all’interno della miniera.
Altro minatore che ha portato una nota di singolare aspetto è stato Giulio Bonaldo, anno 1932, il quale, invitato allora in Belgio dal fratello che lavorava già da quattro anni in miniera, si è portato appresso la…fisarmonica; e ciò, - come ha detto lui - non solo per essere subito individuato nella folla di minatori che arrivavano in stazione ferroviaria, ma anche per stemperare un clima che certamente, come si potrà immaginare, non dovrebbe essere stato dei migliori…
Commiato all’insegna di un comune sentimento di amore e di fratellanza, risorse quest’ultime che, in assoluta antitesi a quella becera etica di allora ove il carbone veniva barattato sulla pelle degli esseri umani fra i governi di Belgio ed Italia, approfittando della precarietà economica, ma sarebbe meglio dire della fame di quest’ultima, costituivano giocoforza già da allora un forte collante morale capace di attenuare le quotidiane difficoltà, rinsaldando quei sani principi e sentimenti che, in questa grande giornata vissuta a Fratta di Caneva, si sono ri-sentiti anche livello epidermico, facendo “accapponare” la pelle , non solo attraverso i tanti racconti degli interessati, ma anche attraverso i canti della miniera e, da ultimo, dell’inno nazionale.
Arnaldo De Porti
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