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Un racconto di Fabrizio Scarpa (Torino)

Vi racconto una storia vera, vissuta "di persona personalmente" da un mio vecchio amico. Circa una cinquantina di anni fa, ma anche di piu', frequentava le scuole medie e durante l'estate passava un paio di mesi a Noli, in una bella struttura gestita dagli stessi religiosi da cui andava a scuola. Oltre a studiare qualche ora, parecchio tempo lo passava con gli altri ragazzi in spiaggia e soprattutto in acqua. I piu' grandi si dilettavano nel nuoto pinnato e l'allenamento quotidiano era fare da Capo Noli fino all'isola di Bergeggi per poi tornare a Capo Noli, un percorso di un discreto numero di chilometri. Ma l'attivita' preferita era la pesca, sotto la guida sapiente e attenta del loro mitico bagnino, Giobatta Parodi, ligure fino al midollo, un vero maestro in qualsiasi cosa che avesse a che fare con il mare. Avevano imparato a pescare i polpi, mettendo degli stracci bianchi come esche alle polpare (lenze a mano con piombi collegati a corone di una decina di ami). Il bottino era sovente fruttuoso, nonostante il polpo sia forse il piu' intelligente e furbo tra gli abitanti del mare, ma quei ragazzotti non erano mai soddisfatti e cercavano nuovi trucchi per catturare quelle ambite prede. Un bel giorno, proprio al mio amico, venne un'idea tanto balzana quanto intrigante per catturare il polpo direttamente nella sua tana, tra gli scogli a un paio di metri sotto il pelo dell'acqua. Armati di pinne maschera e guanti di cotone bianco, giacche' e' proprio il bianco ad attirare il simpatico "mostro" marino, a turno si immergevano e, una volta individuato uno dei suoi tentacoli spuntare fra le rocce sommerse, "sarebbe bastato" infilare una mano di bianco guantata e acchiappare il supposto malcapitato. Ma ... proprio a lui mal gliene incolse! Avvistato un tentacolo cicciottello penso' di acchiapparlo in un battibaleno, invece fu lui a essere catturato, anzi pescato. L'Octopus vulgaris, altrimenti detto piovra, si avvinghio' al suo braccio sinistro con i suoi otto tentacoli, ciascuno fornito di una doppia fila di ventose, potentissime. Era pure bello grosso e con una testa enorme. Nuotando goffamente, con la sua preda trasformata in predatore, ritorno' alla base, con i compagni che ovviamente non la smettevano di ridere a crepapelle. Dopo un'ora di dura "lotta" il buon Giobatta riusci' a liberarlo dalla morsa di quello che sarebbe presto divenuto, con capperi prezzemolo e patate, un'ottima pietanza. Al mio vecchio amico oltre a un simpatico ricordo rimangono tuttora alcuni segni sul braccio sinistro, a imperitura memoria di una indimenticabile avventura.

N.d.R.: in alto ruotano alcune fotografie di Noli