....SU TRENI DELLE
FERROVIE DELLO STATO DA ASCRIVERE ALLA
STORIA....
Sotto
certi aspetti non e' bello ricordare gli
anni '50 in quanto vieni assalito da una
forte malinconia riconducibile all'eta'
avanzata e quindi al periodo in cui io, come
tanti altri colleghi, siamo entrati in banca,
soprattutto a Milano. E poi si capira'
meglio perche' cito Milano.
Allora lo spirito giovanile nascondeva
qualsiasi tipo di difficolta' e non badavamo
certo ai problemi di ogni giorno che pur
c'erano e, molto verosimilmente, si viveva
in un clima sociale molto diverso
dall'attuale, atteso che una buona posizione
professionale, non disgiunta da uno
stipendio di tutto rispetto, ci faceva
sentire "realizzati" al punto da affrontare
il lavoro con serenita' ed una buona dose di
soddisfazione, almeno per quanto allora mi
riguardava.
Forse sarebbe necessario spendere qualche
parola in piu' a questo proposito, dicendo
per esempio che sono cambiate le abitudini,
le condizioni di vita, ma anche lo stesso
clima di cui facevo cenno dianzi, ma, chi ha
all'incirca la mia stessa eta', non ha
certamente bisogno di dettagli per entrare
nello spirito di quanto vado a raccontare.
Terminata la settimana di lavoro in Piazza
Scala, dopo aver messo da parte, mi pare 260
lire (?) per un biglietto FF.SS
Milano-Venezia, per rientrare dai miei
genitori, uscivo dalla parte di Via Manzoni
della Banca per raggiungere la stazione
Milano-Centrale. Allora non c'era la
metropolitana ed il tram, linea 1, mi
scombinava i tempi per prendere il treno in
orario, tant'e' che, emulando i maratoneti,
arrivavo sul... predellino del treno,
trafelato e col fiatone di chi ha appena
terminato una corsa ad ostacoli. Ma la cosa
fin qui non presenta nulla di particolare
tenendo conto che eravamo negli anni '50. Ed
ora comincia il bello.
Anzitutto va ricordato che allora c'erano
gli scompartimenti di prima, seconda e terza
classe; naturalmente a quell'eta' e
compatibilmente con le mie scarse risorse
finanziarie (non potevo certamente servirmi
di un taxi per arrivare fresco in stazione
centrale, ma ero costretto alla corsa
forzata per arrivare a prendere il treno,
come detto prima) per cui l'opzione unica
era costituita dalla terza classe sulla
quale, il giorno prima di ferragosto degli
anni 57-58 (?), mi sono letteralmente
arrampicato per poter entrare nello
scompartimento ormai saturo come una scatola
di sardine.
Come ? Facendo pressione fisica su coloro
che erano entrati prima di me, quasi in
apnea per non occupare spazio. E non finisce
qui. Infatti, i posti a sedere, tutti in
legno di color pino-abete (che ne so io !?)
erano occupati almeno tre volte rispetto
alla loro capienza, tant'e' che l'unico
rimedio, tra l'altro di fortuna, restava
quello di stare in piedi vis a' vis con gli
altri viaggiatori che si trovavano nelle mie
stesse condizioni, respirando reciprocamente
il sudore di ferragosto. Per fortuna, in
questi casi, c'e' sempre l'ottimista di
turno che rincuorava dicendo : " Un po' di
pazienza che, fra un centinaio di chilometri,
molti scendono..."
Effettivamente questo burlone ha avuto
ragione. Infatti io che, in qualche modo,
ero riuscito a guadagnare uno spazietto fra
la porta aperta del WC e qualche centimetro
di corridoio del treno, dopo 150 chilometri
in quelle condizioni sono riuscito a...gustare
la comodita' di un vecchio sedile in legno,
rimettendo in sesto le mie articolazioni che
erano diventate praticamente insensibili.
Per fortuna dal 1956 le FF.SS. hanno deciso
di eliminare detti sedili, anche se con
effetto due decenni dopo... circa.
Quanto ho raccontato sara' occorso a tanti,
ma una sorta di amarcord ferragostana (mentre
scrivo siamo infatti al 15 agosto 2019), mi
ha riportato ad oltre 60 anni fa, realta'
che, al di la' della tristezza riconducibile
alla mia veneranda eta', mi ha permesso di
fare la seguente riflessione: " Non credo
che l'attuale tristezza sia frutto solamente
delle tante primavere che ho sulle spalle
ma, molto verosimilmente, da un sistema
socio-politico che, a mio avviso, ha
distrutto da anni sia il piacere
esistenziale che la soddisfazione del fare,
del programmare e di vivere almeno con un
minimo di serenita' nell'interesse non solo
di chi ci circonda da vicino.
Una sorta di legge del contrappasso in
chiave moderna (o chiamiamola come vogliamo)
: viaggiare allora nel modo sopradescritto
non pesava piu' di tanto in quanto eravamo
piu' sereni, mentre al giorno d'oggi da
fastidio anche una mosca. Perche' ?
Una risposta l'ho data proprio oggi in un
mio articolo che potra' essere letto
cliccando sul seguente link:
http://www.politicamentecorretto.com/index.php?news=108266
ARNALDO DE PORTI
in sottofondo Riccardo
Cocciante - Il treno
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