ottava puntata - 01 agosto
I tigrotti della Malesia sono svegli e partono
all'attacco di Eliah che appare soltanto e subito
scompare, capendo la mala parata; inizia la battaglia
del check out, la cena si paga o non si paga, fortuna
vige la democrazia e ognuno si regola come crede (per 87
Ringgit non me la sento di rovinarmi la giornata e poi
credo che alla fine a rimetterci sarebbe solo la povera
addetta cassiera). Si parte, ma prima ecco affannata e
trafelata (come volevasi dimostrare) la cassiera con le
fatture impagate di Fabio e Giugiu'... Greenline, non
Greenline, si Greenline... il rumore dei motori avviati
e l'aereo gia' pronto per la fase di rullaggio chiudono
la querelle, chi ha vinto? Non lo so, ma forse so chi ha
perso!! Il volo e' piacevole, ma il tempo stringe per la
coincidenza su Miri e cosi' non c'e' spazio per
sorvolare i pinnacles sul Gunung Api (monte Api),
pazienza!, ci rimane l'immagine su un poster e sul
cappellino comprati all'aeroporto. Tutto al volo per il
volo su Kota Kinabalu, passando sul Brunei e soprattutto
su Labuan, la cui costa dall'alto appare incantevole.
Anche KK offre in fase di atterraggio uno splendido
spettacolo, fatto di isole, un parco marino che avrebbe
meritato anche un soggiorno, con fondali che palesano
l'esistenza di una discreta barriera corallina, con
acque di un meraviglioso verde smeraldo e soprattutto
con caratteristici water village, case a palafitte
sull'acqua in gran parte abitate da profughi filippini.
E' gia' tardi e non c'e' tempo per andare in albergo, si
parte direttamente dall'aeroporto per Mount Kinabalu, il
simbolo del Sabah dove ora siamo dopo aver lasciato il
Sarawak; la strada e' lunga e ovviamente tutta in
salita, il monte supera i 4000 m, i paesaggi intorno
anche se belli non sono tali da bloccare il... me
cala la palpebra. L'aria sempre piu' fresca ci fa capire
che stiamo arrivando al campo base, di qui partono gli
scalatori e noi ovviamente non siamo tra loro anche se
le guide descrivono l'ascesa come non difficile; noi
preferiamo sostare con i piedi sotto un tavolo gustando
un pranzetto niente male, facciamo un po' di shopping
(ovviamente T-shirt) e poi ci dirigiamo a vedere uno
Slide show che ci introdurra' nel mondo di questo parco
considerato il paradiso delle orchidee: ne sono state
catalogate oltre mille. La visita prosegue con un
minitrekking in the jungle, per noi quasi ridicolo,
avvezzi come siamo ormai alla seria giungla. E poi
passiamo a visitare un giardino botanico dove, e' vero,
ci sono belle piante, bei fiori compresa l'orchidea piu'
piccola del mondo grande come una capocchia di spillo,
dove non c'e' la rafflesia, una pianta carnivora
considerata il fiore piu' grande del mondo, ma solo
qualche pianta carnivora di serie B, come la pitcher
plant, e poi... nient'altro. Deludente, tanti chilometri
per cosi' poco, da segnalare a Gastaldi Tour! E poi per
questo non siamo andati a Corals Island che sarebbe
stata una valida alternativa? Bah, e' un mistero. Meglio
dormire sulla strada del ritorno sognando magari una
rafflesia cui diamo appuntamento a Sumatra, sperando che
sia puntuale nella fioritura (che dura solo 3 o 4
giorni) e che senza tanti vezzi si faccia vedere in
tutto il suo splendore e con tutto il suo... olezzo.
Arriviamo in albergo, pretenzioso ma solo nell'immagine,
un po' ancien regime, in forte contrasto con le nuove
strutture sul mare dotati di campi da golf e megahall
all'americana (altra chicca nera per la Gastaldi o suo
corrispondente locale): molto rapida la nostra sosta,
giusto il tempo per un caffe' - finalmente! - e via tra
la gente per visitare la citta', non senza prima aver
gustato, si fa per dire, il drink di benvenuto che ci
viene offerto, e' un cocktail a base di un vino locale
molto tendente all'aceto... blah... ma anche questa e'
un'esperienza di viaggio! Il centro della citta' e'
abbastanza anonimo o meglio uguale a tanti altri gia'
visti, grattacielini con all'interno grossi centri
commerciali, fast food e tanta gente, compreso tanti gay
per la gioia di... Giugiu', quello dagli occhi
blu, molto concupito e infastidito tanto da spingerlo a
minacciare pugni e cose... .a loro anche gradite, altri
grattacielini sedi di banche, assicurazioni, insomma
niente di che. E non poteva essere diversamente, questa
e' una citta' senza storia, se non quella recente,
perche' durante la guerra venne distrutta dai suoi
stessi abitanti (o dagli inglesi?) per impedire ai
giapponesi di insediarci una base militare. Cena non
compresa, questa volta e' da catalogo, inizia la
difficile scelta del ristorante, che qui sono veramente
tanti, ma non attirano granche', si ritorna nel grande
centro commerciale confidando in una struttura che possa
accontentare tutti e la scelta cade su... .pizza Hut,
roba che Edmundo, la nostra guida sul monte, sta ancora
ridendo per questa storia del pizza Hut. Grazia e il
sottoscritto passano all'opposizione, preferiamo battere
in ritirata verso un seafood, approfittando anche della
compagnia di Paul e Anne Marie, due francesi visti in
aereo e incontrati casualmente per strada. Scelta
coraggiosa la nostra, ma vincente, serata gradevole con
i nostri occasionali compagni conversando in tutte le
lingue conosciute, un po' di francese, di spagnolo e di
italiano, cena a dir poco favolosa e per referenza
chiedere ad una camicetta verde che a fine pasto
sembrava la divisa di un generale sovietico. Crabes al
curry, montagne di gamberi con salsine deliziose, 4
birre grandi, riso e le immancabili eccellenti verdure,
rotoli di carta igienica compresa (con molta fantasia
erano i tovaglioli) 120 ringgit in 4, controvalore
60mila, quindi a testa 15mila, compreso il taxi per il
ritorno: alla faccia di pizza Hut e W la democrazia. A
letto di corsa, domani la sveglia e' all'alba, anzi
prima, l'aereo per Sandakan parte alle 7 e nonostante le
massicce pere di caffe' (rischiavamo la crisi di
astinenza) il sonno cala pesante nella stanza del
Berjaya Palace Hotel.
(continua)
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