terza puntata - 30 giugno
Se il buongiorno si vede dal mattino, anche oggi sara'
molto caldo. Un giro di clic in piena luce sui buchi
trogloditi, poi in cammino sui nostri cammelli 4x4 lungo
strade ancora asfaltate, ma con scenari sempre piu'
diversi, ora piu' aspri, piu' aridi, piu' polverosi. E'
un lungo saliscendi su queste mammelle delle terra per
la gioia di Sergio, che con la sua fantasia puo' forse
risolvere questa sua ancestrale carenza. Sul capezzolo,
pardon sul cocuzzolo, di una di queste dune non dune ci
fermiamo e sotto di noi si apre una stupenda vallata con
tante macchie verdi ora di ulivi ora di tamerici; e' una
sosta pro-fumo. Si riprende lungo uno sterrato sempre
piu' polveroso e, all'improvviso, dopo una stretta gola
ci appare un villaggio, e' Toujane con le sue piccole
case basse e marroni e una grande moschea bianca.
Curiosiamo nel quotidiano di un villaggio per scoprire
donne piegate sotto il peso di taniche piene d'acqua
sotto il sole cocente, ma sempre nei loro coloratissimi
vestiti (la fonte dista circa 2 km. dal villaggio), dei
bambini che vigilano su un piccolo gregge di capre alla
ricerca dei radi cespugli, e infine gli uomini (bella
vita!) rigorosamente all'ombra di una casa, affacendati
oltre misura nel non fare: parlano, fumano, dormono! La
donna tunisina si sara' pure emancipata, ma certe regole
tribali sono ancora ferree e dure a morire. Ora la
strada e' tutta una discesa fino all'oasi di Metameur,
che raggiungiamo per visitare un altro sito
caratteristico di questi luoghi: i gorphas.
Sono tipiche costruzioni berbere a volta inserite in un
contesto che sa di fortino, una sorta di
magazzino-deposito per i raccolti, concentrati per
essere meglio difesi dalle incursioni dei predoni: siamo
tutti incuriositi dalla particolarita' di queste
costruzioni quando nell'aria si diffonde un profumo di
pane che riempie la assolata corte: una donna berbera
sta cuocendo del pane alla maniera berbera e subito
cattura l'attenzione di tutti i paparazzi e dei loro
stomaci. Qualche spicciolo e c'e' la pizzapanearabo per
tutti accompagnata da un ottimo the' alla menta, quasi
miracoloso per le nostre gole riarse. Questa colazione
fuori programma fa diventare tutti piu' buoni e giu'
lodi per questo popolo tunisino cosi' gentile, cosi'
discreto, cosi' poco aggressivo e assillante nei
confronti del turista (paragone ovvio con il Marocco).
Fuori l'immancabile mercatino e qui, siamo al colmo, un
bancarellaro offre un piccolo souvenir a tutte le
signore del gruppo, e' un modo intelligente per
spingerci a comprare qualcosa, il che avviene
regolarmente. Sulla strada per Medenine, che subito
appare opulenta e curata con strade pulite e aiuole
fiorite, siamo quasi al confine con la Libia che da qui
dista pochissimo, e in Libia si sa c'e' il petrolio e
gli uomini tunisini sono manodopera eccellente, quindi
il dinar gira piu' che altrove. Proseguiamo verso Sud e
in vista di Tataouine lo scenario che ci circonda e'
ormai desertico, intorno solo una steppa sconfinata che
ci riporta alla memoria paesaggi gia' noti, la Patagonia
a El Calafate. Giunti nel paesone ancora shopping,
ancora mercati assordanti e incasinati, e di piu' il
taxiphone, telefonata turistica a prezzi popolari, stile
tutto bene ciao a presto e qui tutto e' bellissimo. Fa
molto caldo e meno male che c'e' il Sangho, una
struttura incredibile da cui forse trae origine la
famosa frase che fa riferimento alla cattedrale nel
deserto. C'e' una grande e fresca piscina, c'e' un buon
buffet abbondante, c'e' lo sciallo per un paio d'ore. Ma
si sa la vita del turista/viaggiatore e' intensa e dura,
bisogna andare avanti, altre curiosita' ci aspettano,
altre chicche da incorniciare. Si riparte piegando verso
Ovest e raggiungiamo Chenini, altro tipico villaggio
berbero scavato nella roccia sul fianco di una montagna
sulla cui cima domina la solita grande moschea bianca.
Ancora un villaggio costruito a suo tempo per autodifesa
in un posto impossibile quanto incredibile, dove
attualmente vivono circa 200 famiglie; tutti ci
chiediamo a fare cosa, intorno non c'e' traccia di
agricoltura, solo qualche capra e qualche asino, insomma
una gran pietraia. Forse vivono aspettando che il tempo
passi o forse che passi qualche frotta di turisti
assatanati di foto - noi non siamo da meno - e lasci
qualche dinar. Ci inerpichiamo su fino alla moschea, ma
non tutti affrontano l'erta salita, e all'ombra della
moschea quasi sferzati da un fresco vento da Est
troviamo ancora una volta un gruppo di uomini impegnati
nella loro attivita' favorita... il far niente con lo
sguardo perso nell'infinito. Noi siamo un elemento
perturbatore e ce lo fanno chiaramente capire, a
proposito e le donne ? lavorano ! come quella macchia di
colori giu' nella valle intenta a battere il grano o
l'orzo o chissa'. La nostra bussola naturale, il sole,
ci indica ancora il cammino verso Ovest, dove ancora
impera la steppa cespugliosa che al meno fornisce cibo
alle tante mandrie di cammelli, comincia il grande
silenzio, il nulla pieno di vita: siamo nel grande Erg
orientale del Sahara. Ecco le prime dune vere, ecco la
sabbia rossa e fine, ecco il vento che da perenne
movimento a quanto risulta solo apparentemente statico.
Sembra quasi che sulla superficie tante piccole mani
agitino un grande velo, una sottile impalpabile nuvola;
e' il deserto che cammina quasi con movimenti di una
danza perenne. La pista ora e' liscia, non ci sono piu'
buche, tutto sembra piu' facile, ma solo in apparenza,
perche' il buon Mohamed 2^ compie miracoli di
equilibrismo per evitare di insabbiare le ruote, e' un
continuo zigzagare sculettante, sembriamo anche noi
unirci alla danza del deserto anche se con movimenti
senza grazia e senza eleganza. Ecco Ksar Ghilane, dal
nulla spunta una macchia verde quasi lussuriosa con una
piccola fonte di acqua termale, testimonianza
dell'ennesimo miracolo della natura.
Arriviamo con un tempismo eccezionale, sta per alzarsi
il sipario su un altro grande spettacolo, e' l'ora del
tramonto, tutto appare di una bellezza rara, dolce nei
colori rosati della sabbia e violento nel cielo dove il
grande disco infuocato lentamente degrada. Le macchine
fotografiche sembrano impazzite, fanno fatica a seguire
il ritmo frenetico delle dita; intorno a noi giovani
cavalieri berberi con cavalli arabi stupendi compiono
economiche evoluzioni (1 dinar x 1 foto), qualche
sospiro tra le donzelle che si sentono trafitte dagli
sguardi con occhi brucianti che i giovani cavalieri
lanciano. Bisogna concedere, a malincuore, che in
qualche caso i sospiri non sono censurabili e poi via
signori qui si puo' concedere alla fantasia di volare,
siate superiori, il bello e' bello quando e' veramente
bello!!! Siamo al top dello spettacolo, il sole va a
dormire, e nella luce a cavallo del tramonto ecco
apparir i primi bagliori di una stella che annuncia
l'arrivo di sorella luna. Il villaggio che ci accoglie
per la notte e' in realta' un camping beduino con tende
di pelo di cammello, di diverso solo le brandine,
all'interno a lume di candela passeremo la notte nei
nostri sacchi a pelo: confort limitato, ma sufficiente.
In cielo ora splende un padellone bianco, una luna piena
che gia' alta fa da lucerna illuminando questa oasi di
pace e di serenita', e illuminando, perche' no, un
piattone di montone con contorno di spaghetti servito
per cena. Buono il montone, almeno per me e Luciana, per
gli spaghetti... pote' la fame!! Si accende un fuoco
bruciando rami di palma, un tamburo e una zampogna
cominciano a suonare, ritmi lamentosi e un po' ossessivi
accompagnano movimenti sensuali di danzatori tunisini
cui fanno da contraltare pretenziose e flaccide
danzatrici europee, e' la danza delle trippe e dei...,
certamente non del ventre. Con nelle orecchie le nenie,
comunque fascinose, ci insacchiamo come salami nei
sacchi a pelo e ci abbandoniamo al sonno stanchi, ma
contenti per il meraviglioso spettacolo della giornata.
(continua)
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