la "(Fu)fi(s) Travel" in Tunisia - di Filippo Furia

terza puntata - 30 giugno

Se il buongiorno si vede dal mattino, anche oggi sara' molto caldo. Un giro di clic in piena luce sui buchi trogloditi, poi in cammino sui nostri cammelli 4x4 lungo strade ancora asfaltate, ma con scenari sempre piu' diversi, ora piu' aspri, piu' aridi, piu' polverosi. E' un lungo saliscendi su queste mammelle delle terra per la gioia di Sergio, che con la sua fantasia puo' forse risolvere questa sua ancestrale carenza. Sul capezzolo, pardon sul cocuzzolo, di una di queste dune non dune ci fermiamo e sotto di noi si apre una stupenda vallata con tante macchie verdi ora di ulivi ora di tamerici; e' una sosta pro-fumo. Si riprende lungo uno sterrato sempre piu' polveroso e, all'improvviso, dopo una stretta gola ci appare un villaggio, e' Toujane con le sue piccole case basse e marroni e una grande moschea bianca. Curiosiamo nel quotidiano di un villaggio per scoprire donne piegate sotto il peso di taniche piene d'acqua sotto il sole cocente, ma sempre nei loro coloratissimi vestiti (la fonte dista circa 2 km. dal villaggio), dei bambini che vigilano su un piccolo gregge di capre alla ricerca dei radi cespugli, e infine gli uomini (bella vita!) rigorosamente all'ombra di una casa, affacendati oltre misura nel non fare: parlano, fumano, dormono! La donna tunisina si sara' pure emancipata, ma certe regole tribali sono ancora ferree e dure a morire. Ora la strada e' tutta una discesa fino all'oasi di Metameur, che raggiungiamo per visitare un altro sito caratteristico di questi luoghi: i gorphas.
Sono tipiche costruzioni berbere a volta inserite in un contesto che sa di fortino, una sorta di magazzino-deposito per i raccolti, concentrati per essere meglio difesi dalle incursioni dei predoni: siamo tutti incuriositi dalla particolarita' di queste costruzioni quando nell'aria si diffonde un profumo di pane che riempie la assolata corte: una donna berbera sta cuocendo del pane alla maniera berbera e subito cattura l'attenzione di tutti i paparazzi e dei loro stomaci. Qualche spicciolo e c'e' la pizzapanearabo per tutti accompagnata da un ottimo the' alla menta, quasi miracoloso per le nostre gole riarse. Questa colazione fuori programma fa diventare tutti piu' buoni e giu' lodi per questo popolo tunisino cosi' gentile, cosi' discreto, cosi' poco aggressivo e assillante nei confronti del turista (paragone ovvio con il Marocco). Fuori l'immancabile mercatino e qui, siamo al colmo, un bancarellaro offre un piccolo souvenir a tutte le signore del gruppo, e' un modo intelligente per spingerci a comprare qualcosa, il che avviene regolarmente. Sulla strada per Medenine, che subito appare opulenta e curata con strade pulite e aiuole fiorite, siamo quasi al confine con la Libia che da qui dista pochissimo, e in Libia si sa c'e' il petrolio e gli uomini tunisini sono manodopera eccellente, quindi il dinar gira piu' che altrove. Proseguiamo verso Sud e in vista di Tataouine lo scenario che ci circonda e' ormai desertico, intorno solo una steppa sconfinata che ci riporta alla memoria paesaggi gia' noti, la Patagonia a El Calafate. Giunti nel paesone ancora shopping, ancora mercati assordanti e incasinati, e di piu' il taxiphone, telefonata turistica a prezzi popolari, stile tutto bene ciao a presto e qui tutto e' bellissimo. Fa molto caldo e meno male che c'e' il Sangho, una struttura incredibile da cui forse trae origine la famosa frase che fa riferimento alla cattedrale nel deserto. C'e' una grande e fresca piscina, c'e' un buon buffet abbondante, c'e' lo sciallo per un paio d'ore. Ma si sa la vita del turista/viaggiatore e' intensa e dura, bisogna andare avanti, altre curiosita' ci aspettano, altre chicche da incorniciare. Si riparte piegando verso Ovest e raggiungiamo Chenini, altro tipico villaggio berbero scavato nella roccia sul fianco di una montagna sulla cui cima domina la solita grande moschea bianca. Ancora un villaggio costruito a suo tempo per autodifesa in un posto impossibile quanto incredibile, dove attualmente vivono circa 200 famiglie; tutti ci chiediamo a fare cosa, intorno non c'e' traccia di agricoltura, solo qualche capra e qualche asino, insomma una gran pietraia. Forse vivono aspettando che il tempo passi o forse che passi qualche frotta di turisti assatanati di foto - noi non siamo da meno - e lasci qualche dinar. Ci inerpichiamo su fino alla moschea, ma non tutti affrontano l'erta salita, e all'ombra della moschea quasi sferzati da un fresco vento da Est troviamo ancora una volta un gruppo di uomini impegnati nella loro attivita' favorita... il far niente con lo sguardo perso nell'infinito. Noi siamo un elemento perturbatore e ce lo fanno chiaramente capire, a proposito e le donne ? lavorano ! come quella macchia di colori giu' nella valle intenta a battere il grano o l'orzo o chissa'. La nostra bussola naturale, il sole, ci indica ancora il cammino verso Ovest, dove ancora impera la steppa cespugliosa che al meno fornisce cibo alle tante mandrie di cammelli, comincia il grande silenzio, il nulla pieno di vita: siamo nel grande Erg orientale del Sahara. Ecco le prime dune vere, ecco la sabbia rossa e fine, ecco il vento che da perenne movimento a quanto risulta solo apparentemente statico. Sembra quasi che sulla superficie tante piccole mani agitino un grande velo, una sottile impalpabile nuvola; e' il deserto che cammina quasi con movimenti di una danza perenne. La pista ora e' liscia, non ci sono piu' buche, tutto sembra piu' facile, ma solo in apparenza, perche' il buon Mohamed 2^ compie miracoli di equilibrismo per evitare di insabbiare le ruote, e' un continuo zigzagare sculettante, sembriamo anche noi unirci alla danza del deserto anche se con movimenti senza grazia e senza eleganza. Ecco Ksar Ghilane, dal nulla spunta una macchia verde quasi lussuriosa con una piccola fonte di acqua termale, testimonianza dell'ennesimo miracolo della natura.
Arriviamo con un tempismo eccezionale, sta per alzarsi il sipario su un altro grande spettacolo, e' l'ora del tramonto, tutto appare di una bellezza rara, dolce nei colori rosati della sabbia e violento nel cielo dove il grande disco infuocato lentamente degrada. Le macchine fotografiche sembrano impazzite, fanno fatica a seguire il ritmo frenetico delle dita; intorno a noi giovani cavalieri berberi con cavalli arabi stupendi compiono economiche evoluzioni (1 dinar x 1 foto), qualche sospiro tra le donzelle che si sentono trafitte dagli sguardi con occhi brucianti che i giovani cavalieri lanciano. Bisogna concedere, a malincuore, che in qualche caso i sospiri non sono censurabili e poi via signori qui si puo' concedere alla fantasia di volare, siate superiori, il bello e' bello quando e' veramente bello!!! Siamo al top dello spettacolo, il sole va a dormire, e nella luce a cavallo del tramonto ecco apparir i primi bagliori di una stella che annuncia l'arrivo di sorella luna. Il villaggio che ci accoglie per la notte e' in realta' un camping beduino con tende di pelo di cammello, di diverso solo le brandine, all'interno a lume di candela passeremo la notte nei nostri sacchi a pelo: confort limitato, ma sufficiente. In cielo ora splende un padellone bianco, una luna piena che gia' alta fa da lucerna illuminando questa oasi di pace e di serenita', e illuminando, perche' no, un piattone di montone con contorno di spaghetti servito per cena. Buono il montone, almeno per me e Luciana, per gli spaghetti... pote' la fame!! Si accende un fuoco bruciando rami di palma, un tamburo e una zampogna cominciano a suonare, ritmi lamentosi e un po' ossessivi accompagnano movimenti sensuali di danzatori tunisini cui fanno da contraltare pretenziose e flaccide danzatrici europee, e' la danza delle trippe e dei..., certamente non del ventre. Con nelle orecchie le nenie, comunque fascinose, ci insacchiamo come salami nei sacchi a pelo e ci abbandoniamo al sonno stanchi, ma contenti per il meraviglioso spettacolo della giornata.


(continua)


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