Mal(d)amore
  un libro di Antonio Annunziata

CAPITOLO VENTiSETTESIMO
 

Era sempre l'uomo dalla giacca di velluto verde a fare da battistrada. Lo stava conducendo fino all'ingresso della villa, dove lo stavano aspettando altri due compari in abiti scuri, stivali di cuoio, e fucile a canne mozze al braccio.
Ma chi gli disse di salire i cinque gradini e di entrare nella villa fu una donna di eta' avanzata.
Pure lei vestiva abiti scuri, mentre alla vita aveva un grembiale a fiori vivaci.
"Venite, Il Barone vi riceve" fece muovendo la mano destra come per prendere qualcosa che non c'e'.
Fiore oltrepasso' la soglia muovendo i propri passi al seguito della vecchia.
L'ingresso era simile a quello di una reggia con le pareti coperte di arazzi, quadri e specchi.
Dirimpetto al portone d'ingresso una enorme vetrata a mosaico faceva entrare una luce accecante.
"Al piano di sopra andiamo"
Detto cio' precedette il ragazzo prendendo a salire una rampa di scale di marmo dritta per i primi venti gradini, per poi arcuarsi sulla destra per i restanti venti.
Fiore aveva contato almeno quattro porte di legno massiccio bruno alla destra della rampa, e solo una alla sinistra che fu l'unica a spalancarsi. La' erano diretti.
La stanza che li accolse era talmente immensa che Fiore non si accorse subito che dietro alla scrivania intarsiata e antica sedeva un uomo. Appena lo vide, penso':
"E' sicuramente il Barone"
L'uomo vedendo l'ospite tentennare gli disse, agitando entrambe le mani, di avvicinarsi.
"Venite, venite, senza timore"
"Se ha l'eta' dello zio Saverio e' certamente malconcio" fu il secondo pensiero di Fiore mentre procedeva verso la scrivania a piccoli passi.
Lui il Barone se lo ricordava un bell'uomo: alto di statura, le spalle possenti, il viso dai lineamenti netti e i baffetti ben curati. Quello che aveva di fronte ora aveva la faccia solcata da profonde rughe, i capelli bianchi lunghi fino alla spalle, oleosi e mal curati, gli occhi acquosi, le labbra sottili e tremanti.
"E voi siete?..." fece il vecchio lasciando che la domanda fluttuasse nell'aria.
"Sono il nipote di vostro cugino Saverio Caruso...sono Fiore, non ricordate?"
Poi per essere piu' preciso nella risposta aggiunse:
"Vi facevate chiamare zio Franco quando abitavate a Milano..."
"Ah, si ora mi ricordo. Eravate quel bambino sempre malato che mio cugino aveva preso con se' dopo che i genitori morirono"
"Proprio quello!"
"E come state?"
"Bene zio Caruso...o Barone Caruso. Come vi devo chiamare?"
"Zio Franco come mi chiamavate da piccolo...va bene...e ci diamo del tu"
"Zio Franco dunque. Lo zio Saverio e' morto pochi giorni fa e mi ha consegnato questa lettera da darvi...da darti" disse tirando fuori dalla tasca interna della giacca la famosa busta.
"Saverio mori'?" ripete' due volte in rapida successione il vecchio chiudendo gli occhi come per fermare una lacrima.
Poi sospirando aggiunse: " E la moglie Maria...la mugliera'...lei in vita e'? "
"No, anche la zia Maria e' morta.. .gia' da quattro anni"
"Era una donna bellissima tua zia Maria"
"Gia', era bellissima!"
"Ma assettateve, cu fate accussi' in piedi... "
Fiore scelse la sedia di velluto rosso posta alla destra della scrivania. Una volta sistemato, fece una pausa permettendo al Barone di accendersi un grosso sigaro cubano con un accendino a gas da tavolo d'oro massiccio.
E durante quella pausa sposto' lo sguardo da una parete all'altra della stanza entrambe ricoperte da parati rosso fuoco e quadri d'autore moderni e antichi.
Alle spalle della scrivania c'era un enorme dipinto che raffigurava il Barone giovane in tenuta da caccia. Alle spalle di Fiore, nella parete opposta, c'era una libreria che la riempiva sia in altezza che in larghezza.
Un divano di velluto rosso massiccio era piazzato appena sotto i tendaggi che oscurano la luce che penetrava da un balcone che dava sul giardino interno. Poi poltrone e sedie erano disseminate con ordine e gusto per tutta la stanza.
Si respirava aria di ricchezza e nobilta' ovunque.
"Sicche' cosa ti porta qua a Malamore?" fece il Barone rompendo il silenzio.
"Come vi ho detto...ti ho detto...lo zio Saverio prima di morire ha consegnato alla sorella Teresa questa busta da recapitarti...Dice lo zio che e' cosa importante!"
Anche Fiore stava parlando inconsciamente con accento siciliano. E quando se ne rese conto non riusci' a trattenersi nel pensare "Ma come minchia parli!"
"Ah, vero e'! Me lo hai gia' detto. Sai questa testa di vecchio non funziona piu' bene come una volta" fece toccandosi la fronte con la mano dove stava stringendo il sigaro.
"E purtroppo non e' la sola cosa che non funziona come una volta..."
E sorrise alludendo al proprio pene che si tocco' con fare sornione.
"Dammela!" disse
"Eh?" fece Fiore di rimando
"La busta, dammela. Hai fatto chilometri per portarmela e ora te la tieni stretta nelle mani?"
"Ah, scusate!" esclamo' accorgendosi che la busta ce l'aveva ancora in mano.


(continua)