Letture per non dormire - un libro di Massimo Messa

 

12 - IL PASTORE DI DINGLE

Il promontorio di Slea Head in Irlanda, per Bernard, che era un fotografo, rappresentava la meta principale del tour. Lui e Ludovica avevano prenotato cinque notti all'Albergo Skelling di Dingle, ritenendo opportuno prendersi un paio di giorni di margine, considerato il rischio pioggia che caratterizza l'Irlanda. Inoltre, le localita' da raggiungere erano molte. Nella Penisola di Dingle erano stati girati diversi film di successo, tra cui il premio Oscar "La figlia di Ryan", il capolavoro di David Lean, e Bernard intendeva riprendere buona parte dei luoghi ove furono realizzate le scene piu' salienti. Robert Mitchum interpretava il ruolo di un maestro elementare e, per questo, era stata costruita, in un luogo solitario, all'estremita' di Slea Head, una scuola in muratura con due ingressi separati da un muretto, l'uno per i maschi, l'altro per le femmine. Sullo sfondo si intravedevano le Blasket Islands, le terre piu' occidentali del continente europeo. E, tra esse, dominava il cosiddetto "Uomo morto", un'isola che, per la sua morfologia, ricordava la silhouette di un cadavere disteso sul proprio catafalco oceanico. La spettacolare spiaggia di Inch e il golfo di Dingle erano altre mete di rango per il reportage fotografico di Bernard. 

Si alzarono presto quel primo giorno di sole e si diressero, senza esitazione, verso Slea Head. La natura incontaminata della Penisola del Dingle, il Connor Pass, il Villaggio di Dunquin, il Gallaratus Oratory, completamente in pietra a rappresentare la piu' antica chiesa d'Irlanda, erano attrazioni imperdibili e avrebbero preso diverse ore di tempo. Una giornata come quella andava sfruttata al meglio, si trattava di cogliere il maggior numero di buone inquadrature e di immagini. 

La strada per Slea Head era cosi' da cent'anni. stretta e lastricata, costellata di pozzanghere, con qualche stretta galleria ricavata alla bell'e meglio nella roccia viva. La sorvolavano nugoli di gabbiani reali: insieme al sibilare del vento gli unici a rompere il silenzio con quel loro incessante kek kek kek.  

Dopo una prima tranche di scatti fotografici d'eccellenza, Bernard e Ludovica si fermarono per un caffe' all'unico bar del promontorio: Tig Slea Head, un nido d'aquila equipaggiato con un'ampia vetrata in corrispondenza dei tavolini. 

Da li' intravidero un gregge di pecore, tutte con il dorso macchiato con una vernice verde, tradizionale abitudine dei pastori irlandesi per non confonderle con quelle dei loro vicini. Piu' in la' una piccola, caratteristica casetta in pietra. 

"Quella la dobbiamo fotografare" disse Bernard a Ludovica mentre lei sorseggiava il suo caffe'. "Si', e' molto carina, merita davvero!" confermo' la sua compagna. 

Lasciata l'auto al parcheggio del bar, proseguirono a piedi in quella direzione e, pochi minuti dopo, la raggiunsero. Quand'ecco uscire dalla casetta un vecchio pastore lentigginoso, con in testa un particolare berretto spigato a forma di coppola. "Quello lo devo fotografare" si disse Bernard e, insieme con Ludovica, s'incammino', risalendo il prato della collina. 

Quando lo raggiunse, lo saluto', gli mostro' la sua Canon, e gli chiese di farsi inquadrare. Ma il Pastore non capiva, si espresse in gaelico, una lingua inaccessibile a Bernard. Si spiegarono a gesti. "I am Bernard" sillabo', indicandosi il petto con l'indice della mano destra. "I am Dan" gli rispose in tre parole comprensibili. 

Dan gli strinse la mano, poi la strinse a Ludovica, ma non la lascio', anzi, piu' che stringerla, l'accarezzava e, infine, la struscio' contro il suo viso ispido di una barba non rasata. "Puzza come una capra!" grido' Ludovica a Bernard.

"Per una foto, questo e altro!" le rispose.

In quel momento, Dan fece capire a Bernard che si sarebbe lasciato fotografare se Ludovica, di cui non mollava la mano, l'avesse baciato.

"Of course!" rispose Bernard.

"Macche' of course, io non ci sto, questo puzza di stallatico: umilierebbe il mio profumo di Chanel!" replico' Ludovica.

"Dai! Senza effusioni. Intanto io scatto". 

Nel frattempo un'altra coppia, di francesi questa volta, si era unita a noi, con tanto di macchine fotografiche al collo. Probabilmente anche loro per una fotografia. 

Fatto sta che, da martire, Ludovica si sacrifico'. Allungo' le sue labbra verso una guancia del pastore e lo bacio' con una certa riluttanza.

"Ora scostati, Ludovica" e Bernard riprese a Dan un buon numero di ritratti.

Missione compiuta: lo salutarono di nuovo e fecero per andarsene. 

Si avvicinarono allora i due francesi, che sino ad allora si erano tenuti a debita distanza, da spettatori.

"Ora Dan chiedera' un bacio anche, alla signora francese, come compenso" si aspettava Bernard.

Nulla di tutto questo. Dopo una fugace stretta di mano, Il pastore si fece fotografare in lungo e in largo da entrambi i francesi che poi lo salutarono, salutarono noi e se ne andarono. 

Sorpreso, Bernard, non si capacitava della diversita' di comportamento. "Che si sia innamorato di mia moglie?" penso'. Risali' verso di lui e, spiegandosi a gesti, riusci' a chiedergli perche' avesse voluto farsi baciare da sua moglie e non da quella del francese.

Con gran stupore intese la risposta e ridiscese. 

Ludovica, che pure si era meravigliata, chiese a Bernard che risposta avesse avuto.

"La francese non gli interessa, perche' e' black, cioe' ha i capelli neri: quelle donne a lui non piacciono. A lui piacciono le donne coi capelli rosso rame, proprio come ti sei tinta tu! 

Quello fu l'ultimo anno in cui Ludovica si tinse i capelli di quel colore. Riprese il suo bel biondo cenere che tanto piaceva a Bernard, senza concorrenza.


 

 


 

 

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