seconda puntata
(nella precedente venivano
narrate le emozioni provate durante l'espatrio... riconducibili ad
una situazione economico- familiare che i nostri figli, in primis
mia figlia, non capiranno mai...)
....giunsi a
Sangallo verso il primo pomeriggio del lunedi, stanco ed avvilito e
con un certo rimorso per essermi licenziato da una posizione sicura
quale la Cassa di Risparmio di Venezia per andar incontro all'
incerto, al rischio. Vinto dalla stanchezza presi alloggio
provvisorio in un albergo della citta' , il Gallushoff (?) e dopo
aver preso qualche boccone, me ne andai a dormire.
Malgrado la stanchezza non riuscii a prendere sonno, pensai ancora a
quanto stavo facendo, al luogo dove ero arrivato e mi pareva sempre
piu' impossibile di aver cambiato in poco meno di due giorni
la vita, il lavoro, la gente e la patria. In quei momenti
rimpiangevo veramente lo sbaglio ed avrei regalato tutto me stesso
pur di ritornare vicino ai miei che avevo lasciato per niente
contento di allontanarmi per molto tempo da loro.
La mia partenza cominciava a sembrare come un qualcosa di voluto,
quasi meritassi poco gli amici del mio paese, i miei Genitori. Me ne
andai come uno che parte per l'esilio. Nessuno, o pochissima gente,
venne a salutarmi quando partii: partii proprio come un esiliato.
Per un istante odiai la mia terra, gli Italiani ed il destino.
Pensai che avevo sofferto fin troppo e che non mi sarebbe stato
difficile abituarmi ad una nuova... sofferenza.
Il mio bagaglio: un vestito con qualche indumento e la...
fisarmonica. Il mio portafoglio conteneva sei mila lire in tutto,
dono di mio zio Angelo che era venuto a salutarmi alla partenza. Le
accettai perche' non avevo altro e perche' il viaggio
era lungo. Confesso pero' che le accettai con lo stesso senso
con cui un povero accetta l'elemosina."A che vale il mio studio ?"
"Le mie fatiche sono state inutili ?" Mi sentivo proprio come un
umiliato. Cio' nonostante, me ne andai con il pensiero di far
valere costi' le mie possibilita'. Consumai tante lacrime in
questi giorni ed invidiai tanta gente piu' fortunata di me.
Mi dimenticavo di dire che alla stazione di Venezia S. Lucia dalla
quale partii alle ore 0.20 era venuto ad accompagnarmi mio padre.
Notavo in lui una certa stranezza liberatoria per il fatto che
partivo (non certo perche' mi allontanavo da casa) ma per
altri motivi che posso citare solo perche' da me interpretati:
il giorno prima della partenza egli era stato licenziato dall'Amoco
(American Oil Company ?) e notavo come egli desiderasse la mia
partenza per non farmi sapere quanto era avvenuto.
Vissi due-tre giorni nell'illusione che cio' non poteva essere
accaduto, ma venne una lettera a rompere l'incantesimo ed a
confermare la terribile realta' : fu la mamma, addolorata, a darmi
la notizia di papa' .
Confesso che in quel momento maledii tutto e tutti tanto da voler
addirittura morire. Invocavo la morte per liberarmi da ogni dolore
definitivamente ma, forse qualche angelo custode mi dette la forza
per reggere anche a questo scontro. Ora che scrivo, 8.3.1957, il
papa' non ha ancora ricevuto una sistemazione e sono trascorsi
ben quattro mesi. Io continuo a mandare a casa l'intero stipendio
volentieri, ma e' insufficiente. Per contro, io devo restare
privo di una lira dopo un mese di lavoro conducendo una vita
solitaria onde evitare compagnie e quindi spreco di denaro che non
ho.
Dopo sforzi enormi riuscii a trovare a Natale il modo di venire in
Italia consumando quasi un terzo dello stipendio. A casa mi vennero
incontro i genitori ed il solito carico di preoccupazioni. Non uscii
di casa un solo giorno in quei quindici giorni di ferie perche'
non possedevo una lira. D'altro canto mi vergognavo (e non so ancora
il perche') di farmi vedere dagli amici, dai conoscenti. Mi
sembrava di essere un rifiuto dell'Italia, malgrado avessi tanto
sofferto, tanto studiato. Mi sembrava infatti che tutti mi
guardassero male per cui non vedevo il momento di ripartire per la
Svizzera. Ed il giorno venne. Partii un mattino presto con un
direttissimo che mi porto' fino a Zurigo. Durante il viaggio
presi una sola bibita. Partii dall'Italia affrontando un simile
viaggio con solo 2000 lire... Mi sentivo un niente davanti a
tanti operai carichi di roba, valige, denaro ecc. e soprattutto
allegri per aver trovato un lavoro.
Durante il viaggio, pioggia, neve, vento mi tenevano compagnia,
forse erano gli stessi elementi che lottavano nell'animo mio.
Arrivai verso le due di notte a Sangallo dopo aver prima girovagato
in attesa del treno per buone due ore nella metropoli di Zurigo....
(segue)
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Giorgio
Gaber
Lettera dalla Svizzera [1965]