diciassettesima puntata
 

...giunto a questo punto del diario mi trovo a fare i conti con una decina di pagine impossibili da ricopiare o sistemare alla meno peggio, tuttavia, quand'anche fossero parzialmente leggibili, mi sono parse prive di senso, interpretabili solo dallo scrivente, per cui l'omissione dalla loro pubblicazione, mi pare necessariamente opportuna... per arrivare ai fatti che seguono...

......IL GIORNO DEL RIENTRO IN ITALIA
Venne poi il giorno della decisione di rimpatriare, non tanto perche' ultimamente non mi trovassi bene dove lavoravo, ma soprattutto perche' sentivo il bisogno di mettere piede sulla mia terra. Feci una domandina di lavoro alla Banca Commerciale Italiana di Milano e, fortunato anche questa volta, fui invitato per un colloquio al quale segui' un'immediata assunzione: lasciata la Svizzera di sabato, dopo il necessario preavviso, gia' il lunedi' successivo presi posto all'ufficio estero-merci della Comit, in piazza della Scala ove, fra una filiale e l'altra di tutto il territorio nazionale, da Milano a Roma, da Milano a Torino, da Venezia di nuovo in Direzione Centrale di Milano, San Dona' di Piave ed altre filiali minori, lavorai per 36 anni.
Iniziai il primo agosto del 1957 in un comparto che allora era considerato l'universita' della banca: trattavo gli scambi internazionali, grazie anche alla mia discreta conoscenza delle lingue. Devo dire che, in Direzione Centrale, ho fatto un'esperienza favolosa che mi e' servita e continua a essermi utile anche ora in quanto da li' mi pareva di essere in un osservatorio in cui si poteva capire da vicino la situazione economica italiana. Se poi aggiungo che allora i miei capi erano i Cuccia (appena passato a Mediobanca) ed i Mattioli, allora si possono capire tante altre cose e cioe' che c'era un altro modo di gestire la finanza rispetto ad ora, periodo questo in cui il sistema bancario naviga a vista in una grande e pericolosa confusione.
Poi vennero i vari trasferimenti in alcune filiali italiane: il primo, da me richiesto per dare una mano alla mia famiglia di origine fu a Venezia, trasferimento che mi concessero con qualche difficolta'. Mi parve un sogno l'essermi avvicinato a casa dopo le peripezie della Svizzera e di Milano, ma il mio temperamento desideroso sempre di fare esperienze nuove e di conseguire qualche risultato professionale, ben presto cedettero alla tentazione di imbarcarmi in una importante, per quanto sofferta, possibilita' offertami dalla Direzione Centrale di Milano: intorno agli anni 64-65 infatti mi chiesero se volevo, previa preparazione di qualche anno, andar a dirigere delle compartecipazioni bancarie in Africa, e precisamente nel Cameroun, nel Dahomay, nella Costa d'Avorio ove si stavano aprendo dei grandi mercati verso l'Europa. Risposi di si', invero poco convinto, ma sempre con la speranza che questo progetto ...non andasse in porto e di portare cosi' a casa una esperienza ulteriore di elevato spessore professionale acquisita negli uffici degli amministratori delegati della Banca Commerciale Italiana. Ma ben presto dovetti ricredermi. Infatti, dopo circa tre anni di preparazione in Direzione Centrale di Milano, ove nel frattempo ero nuovamente rientrato lasciando Venezia, un Direttore Centrale, il dr. Antonio Monti, mi chiama e mi dice: "Caro De Porti, domani vada a Parigi ove si incontrera' con il Direttore di Sudameris, il dr. Capechiacci, col quale prendera' accordi per andare a... Montevideo, in Uruguay, per ulteriore preparazione prima di raggiungere il Cameroun".
Credevo di svenire, ma ressi, chiedendo una settimana di tempo giustificandomi con questa pseudo-bugia, anche se in cuore avevo maturato una risposta negativa o quasi: "devo sposarmi a breve e quindi devo prendere accordi anche con la mia futura sposa che abita a Venezia". Il dott. Monti, o forse il dott. Restivo (non ricordo bene) mi disse ok ed aggiunse: "Benissimo, se si sposa, fara' un bellissimo viaggio di nozze a spese della Banca ".
A quel punto, memore dell'esperienza svizzera, seppur interessante sotto certi aspetti, ho rifiutato definitivamente l'estero propostomi anche dalla Comit, inventando una scusa infantile che non e' stata "bevuta", e che, forse per punizione, mi ha ritardato di circa dieci anni il prosieguo della carriera.
Onestamente, loro avranno avuto anche ragione ma, esaminando a bocce ferme cio' che e' avvenuto, c'e' stato un rovescio della medaglia a mio favore nel senso che non e' che gli altri abbiano fatto molta piu' carriera piu' di me, salvo un collega che, seguendo tutto il percorso tracciato anche per lo scrivente, e' arrivato poi al grado di amministratore delegato Comit, Alberto Abelli, realta' che, dopo alcuni anni, per motivazioni che non sono all'altezza di vagliare, ne' mi permetterei di farlo, e' stato costretto a lasciare questo altissimo apice professionale, ai tempi della Presidenza dei Cuccia e dei Mattioli... tanto per citare il periodo che mi riguardava sin dalla mia entrata in banca, mese piu' mese meno......

 

(segue)


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